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Pensioni: chi deve lavorare fino a 74 anni per avere mille euro al mese

I calcoli e le proiezioni per i lavoratori dipendenti che oggi hanno meno di 35 anni

Carriere lavorative discontinue, salari bassi e pensioni appena dignitose, con importi di poco superiori all'assegno sociale. Non c'è un futuro roseo per i giovani lavoratori dipendenti che oggi hanno meno di 35 anni, secondo quanto emerso da un'indagine del Consiglio nazionale dei giovani e di Eures-ricerche economiche e sociali. Gli under 35, secondo la ricerca "Situazione contributiva e futuro pensionistico dei giovani", dovranno lavorare fino a 74 anni per avere una pensione dignitosa, ovvero poco più di mille euro netti al mese. La combinazione tra discontinuità retributiva e stipendi (con contributi) bassi determinerà il ritiro dal lavoro soltanto per vecchiaia, con importi pensionistici prossimi all'assegno sociale.

Secondo le proiezioni sul valore delle pensioni atteso nei prossimi decenni, gli under 35 potrebbero lasciare il lavoro dopo il 2050, ovvero a 66 anni, con un assegno di 900 euro lordi (il doppio dell'assegno sociale). Ma per ritirarsi dal lavoro con un assegno che sia 2,8 volte superiore al minimo, la media si alza a 69,8 anni. Solo così l'assegno raggiungerebbe i 1.249 euro (sempre lordi, ma 951 al netto dell'Irpef). Per superare la soglia dei mille euro (arrivando a 1.099 netti) bisogna posticipare l'uscita a quasi 74 anni. Per molti questo significherebbe lavorare in totale per 52 anni, anche se bisogna considerare la discontinuità dei contributi previdenziali a causa del lavoro intermittente.

Per i lavoratori con partita Iva, invece, l'importo dell'assegno con 73,6 anni di contributi sarebbe di 1.650 euro lordi mensili, 1.128 al netto dell'Irpef. Un valore che equivale a 3,3 volte l'assegno sociale. La prima finestra utile di pensionamento si aprirebbe a 69 anni e mezzo, e prevedrebbe un ritorno pensionistico pari a 805 euro, sempre al netto dell'Irpef.

Secondo Maria Cristina Pisani, presidente del Consiglio nazionale dei giovani, "la crescente precarizzazione e discontinuità lavorativa, associata a retribuzioni basse e mancanza di garanzie sociali, colpisce in particolare i giovani e le donne, rendendo più difficile il loro percorso di ingresso nel mercato del lavoro, la stabilità contrattuale e i livelli retributivi". Pisani ha espresso "la necessità di un dibattito più approfondito sulle questioni previdenziali, che tenga conto anche delle esigenze delle giovani generazioni".

 "La questione demografica e il passaggio al sistema contributivo puro mettono ulteriormente a rischio la sostenibilità del nostro sistema pensionistico - prosegue la presidente del Consiglio nazionale dei giovani -. Questa tendenza impone ai cittadini di lavorare più a lungo per ricevere pensioni meno generose rispetto alle generazioni precedenti. La combinazione di discontinuità lavorativa e retribuzioni basse per i lavoratori under 35 determinerà un ritiro dal lavoro solo per vecchiaia, con importi pensionistici prossimi a quello di un assegno sociale. Una situazione che sarà socialmente insostenibile". Cosa fare? Si parla da tempo di una pensione di garanzia, per sostenere i giovani con carriere lavorative discontinue e stipendi bassi. Il governo potrebbe mettere in campo alcuni correttivi nella prossima legge di bilancio, sotto forma di interventi di garanzia per la previdenza pubblica e il riscatto della laurea (agevolandone il costo). Ne sapremo di più nei prossimi mesi.

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