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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Seregno / Via Eschilo

La prima vittima della legge regionale "anti moschee" è una chiesa

Succede a Seregno: la locale comunità lefebvriana è in causa col Comune e andrà al Consiglio di Stato dopo la sconfitta al Tar

Una chiesa è la prima vittima della legge regionale "anti moschee", che ha dettato forti limitazioni urbanistiche ai nuovi luoghi di culto in Lombardia. La dimostrazione che la normativa, voluta dal presidente della regione, il leghista Roberto Maroni, e firmata dalla vice presidente, l'assessore all'urbanistica Viviana Beccalossi di Fratelli d'Italia, nonostante sia stata - nelle esplicite intenzioni dei proponenti - pensata per limitare le moschee musulmane, in realtà avrebbe colpito ogni luogo di culto che non avesse rispettato i rigidi "paletti" messi in campo dalla giunta lombarda.

Succede a Seregno. La vittima è una chiesa della Fraternità di San Pio X (lefebvriani) che ora è in causa al Consiglio di Stato dopo una prima sconfitta al Tar: nel frattempo sono state sospese tutte le funzioni religiose nell'immobile di via Eschilo (di proprietà dell'associazione San Giuseppe Cafasso) e sono stati anche tolti gli arredi e i simboli sacri. La Fraternità di San Pio X aveva ricevuto la scomunica da Papa Giovanni Paolo II, poi revocata nel 2009 da Papa Benedetto XVI, ma non è ancora stato terminato il percorso per la "piena comunione" con la Chiesa cattolica.

L'associazione, nel 2012, ha acquistato l'ex capannone industriale e ha fatto richiesta per il cambio di destinazione d'uso. Secondo Fabio Broglia, il legale che per conto della comunità religiosa segue la causa, prima dell'acquisto era stato chiesto al Comune di Seregno se i locali potessero essere adibiti a luogo di culto e la risposta era stata positiva. Non solo, ma la pratica sarebbe stata presentata prima dell'entrata in vigore della legge regionale.

Fatto sta che il Comune di Seregno ad un certo punto ha emesso un'ordinanza di chiusura per la chiesa tradizionalista cattolica ispirata a Monsignor Lefebvre. Motivo, lo stesso Comune non si era dotato del Piano per le attrezzature religiose che la legge regionale rende obbligatorio per la costruzione di nuovi luoghi di culto. Va anche detto che, per un certo lasso di tempo, i Comuni potevano dotarsi del Piano come documento a sé stante, mentre ora possono farlo soltanto se lo includono in un nuovo Piano di governo del territorio (Pgt). 

Il Tar, carte alla mano, ha negato la sospensiva dell'ordinanza di chiusura, ma i lefebvriani hanno deciso di ricorrere al Consiglio di Stato. Così il Comune di Seregno si trova anche a sostenere le spese legali per il ricorso al secondo grado di giudizio: l'otto febbraio 2017 la giunta seregnese ha stanziato quasi settemila euro di spese legali per questa causa.

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