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Cronaca

I carabinieri recuperano oltre 200 reperti archeologici saccheggiati durante la Seconda Guerra Mondiale

Pezzi molto preziosi che facevano parte di una collezione museale

Nel corso dei consueti controlli delle piattaforme di e-commerce e dei siti specializzati nella vendita di opere d’arte, i carabinieri del Nucleo Tutela patrimonio culturale di Monza hanno individuato numerosi reperti archeologici che erano stati depredati durante la Seconda Guerra Mondiale. Si tratta di reperti provenienti della collezione Pietro Fedele e già conservati presso la Torre di Pandolfo di Capodiferro, in provincia di Caserta. Dagli accertamenti i militari hanno scoperto che quei reparti erano di provenienza demaniale e facevano parte del Museo della Civiltà Aurunca, eretto nel 1926 dall’allora Ministro dell’educazione nazionale Pietro Fedele.

Sono beni asportati dalle truppe di occupazione durante la Seconda Guerra Mondiale. In collaborazione con i funzionari della SABAP e il personale dell’Istituto centrale del restauro, i carabinieri hanno potuto ricostruire le vicende che hanno visto protagonista proprio la Torre di Pandolfo di Capodiferro. Il museo occupava tutti i quattro piani della torre mostrando numerosi reperti archeologici, numismatici e altri che appartenevano al medioevo. Alle centinaia di pezzi in oro, argento e anche in avorio si aggiungevano il ritratto di Giulia Gonzaga di Jacopo del Conte, stampe antiche rappresentanti vedute del territorio di Minturno, Gaeta, Fondi e Formia senza dimenticare l’angolo dedicato a Maria Cristina di Savoia e i circa 8000 volumi custoditi nella biblioteca.

 L’indagine, minuziosamente condotta, ha permesso di ricostruire il viaggio che questi beni hanno fatto nel corso tempo. Il bottino del rastrellamento eseguito nell’autunno del 1943 quando le truppe tedesche del 15esimo  Panzer Gran Division I.C. entrarono - per conto del Kunstschutz - e depredarono il museo, venne accuratamente selezionato dai soldati e raccolto in numerose casse. Parte del materiale è stato poi restituito tramite l’Archivio di Stato di Roma Sant’Ivo e Castel Sant’Angelo, luoghi presso cui vennero depositati i beni durante la guerra, agli eredi di Pietro Fedele.  Al termine della guerra i beni dispersi furono oggetto di una specifica indagine condotta dall’allora ministro plenipotenziario Rodolfo Siviero, a capo del Comitato per le restituzioni; attività successivamente sugellata dalla pubblicazione nel 1995 del volume “L’opera da ritrovare. Repertorio del patrimonio italiano disperso all’epoca della seconda guerra mondiale”.

Ad oggi mancano all’appello ulteriori reperti archeologici, monete, medaglie e vario materiale riconducibile all’attività istituzionale svolta dall’allora Ministro dell’Istruzione, Pietro Fedele. La scoperta e la  restituzione dei parte dei carabinieri Tutela patrimonio culturale acquisisce un valore inestimabile perché restituisce il vero valore a questi beni culturali che, come recita l’articolo 2 del “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, sono oggetti che rappresentano testimonianza avente valore di civiltà e ogni volta che qualcuno considera questi beni solo come oggetti da vendere sottraendoli dal loro contesto storico e dalle loro origini, cancella la loro eredità culturale ovvero il loro vero valore impoverendo così tutti noi.

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