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Il lavoro che "nutre" i brianzoli ma che rischia di scomparire perché manca la materia prima

"Quello dell'imprenditore agricolo è un lavoro bellissimo, a diretto contatto con la terra. Ma in Brianza è a rischio anche perché di terra ne abbiamo sempre meno", spiega Francesco Ghezzi, presidente di AGIA Associazione giovani imprenditori agricoli di Cia

È un lavoro faticoso, che non concede pause, che non permette di ammalarsi, fosse solo anche una semplice influenza. Sveglia all’alba (se si hanno anche gli animali) e poi tutto il giorno in mezzo alla terra sotto alla pioggia e sotto al sole. Ma anche guardando al futuro e ai cambiamenti climatici che hanno completamente rivoluzionato la professione. Perché la fatica potrebbe essere spazzata via dall’oggi al domani dalle intemperie; o la siccità “rovinare” quel tipo di raccolto e quindi in quel momento bisogna già essere pronti con un altro tipo di coltivazione.

Dura la vita dell’imprenditore agricolo in Brianza. Non solo per le fatiche tipiche della professione, ma anche e soprattutto perché oggi in Brianza manca la materia prima: il terreno da coltivare. A raccontare a MonzaToday la professione è Francesco Ghezzi, 38 anni, imprenditore agricolo con un’attività a Bernareggio e presidente dell’Associazione giovani imprenditori agricoli di Cia.

“Oggi per intraprendere quella che io considero una professione bellissima bisogna essere un po’ temerari. Chi parte ereditando un’attività già avviata o comunque un terreno parte avvantaggiato – spiega -.Altrimenti chi parte da zero il più delle volte tenta con start up, oppure con le cosiddette coltivazioni innovative come per esempio la canapa e lo zafferano”.  Per Francesco non è stato semplice: aveva 23 anni quando ha abbandonato il suo futuro nel mondo dei motori per rilevare l’attività di famiglia, un piccolo vivaio che lui ha trasformato in coltivazione. Andare avanti non è semplice, soprattutto quando la terra non c’è. “E di terra da coltivare in Brianza ne abbiamo sempre di meno – prosegue – Da anni sento parlare di tutela del suolo, ma le politiche vanno in direzione opposta”. E oggi gli agricoltori del Vimercatese devono vedersela anche con la realizzazione di Pedemontana (Tratto D Breve) che vedrà l’esproprio di molti terreni coltivati. “I brianzoli non se ne rendono conto, ma l’agricoltura è fondamentale e i prodotti coltivati sul territorio, sul territorio vengono consumati. Qui abbiamo grandi filiere, come per esempio quella del latte e quella dei cereali”. Eppure quella dell’imprenditore agricolo è un’attività che sembra non essere adeguatamente riconosciuta dal territorio. “Molte aziende si sono reinventate tornando al passato quando si andava dal contadino a prendere frutta e verdura”. 

Intorno a questo universo lavorativo c’è interesse soprattutto tra i giovani. A Monza, all’istituto Mapelli, è attivo anche il percorso agrario, idem in alcuni istituti del Lecchese. Ma non sono molti poi gli studenti che decidono di svolgere sul campo la professione studiata sui libri di scuola. “Una professione meravigliosa che ci permette di vivere in simbiosi con la terra – prosegue -. Certo, non è facile. Adesso dobbiamo anche fare i conti con il cambiamento climatico che, è inutile negarlo, provoca danni al nostro lavoro. Per non parlare degli interventi dell’uomo che rubano spazio alla terra”. Poi c’è il problema del futuro, dello stesso agricoltore. “Ci sono molti agricoltori che raggiunta l’età della pensione sono comunque costretti a continuare a lavorare, perché la pensione è minima. Oltre al grande attaccamento alla terra”. Il ricambio generazionale diventa in questa professione – tanto importante per il futuro dell’umanità – sempre più difficile e la preoccupazione tra gli addetti ai lavori è grande. 

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