rotate-mobile
Mercoledì, 24 Aprile 2024
Attualità

Addio ai buoni pasti: pausa pranzo (gratis) a rischio

Ecco chi è pronto a non accertarli e perché

L'estate calda dei ticket è solo all'inizio. Si è ormai innescato un sistema che costa agli esercizi convenzionati, che erogano ogni giorno un servizio indispensabile per i lavoratori, troppi soldi. C'è chi è pronto a non accettare più i buoni pasto. Non una buona notizia per milioni di lavoratori. La forma di protesta più efficace viene minacciata da alcuni esercenti nel caso non si ponga fine alla strategia delle gare al massimo ribasso di Consip per comprare i ticket spendendo il meno possibile. Vero è che grazie al massio ribasso lo Stato, ovvero tutti noi, risparmia fino al 18-20% sul valore facciale dei buoni, ma è un costo che di fatto viene poi pagato dagli esercizi in cui viene speso il ticket. I margini degli esercizi commerciali italiani però così si riducono sempre più, e con l'attuale situazione, tra inflazione e caro energia, la bolla rischia di esplodere. "È paradossale che chi dovrebbe garantire il buon funzionamento del mercato ne mette poi a rischio la sopravvivenza richiedendo commissioni insostenibili" dice Roberto Calugi, direttore generale di Fipe - Confcommercio.

Buoni pasto: abbiamo un problema

A livello europeo la prassi italiana è particolarmente "strana". Guardiamo ad esempio alla Francia: lì viene messo in gara il servizio e vince l’emittente che fa pagare le commissioni di gestione più basse. Anche in Italia intorno agli anni ’90 si operava così con commissioni dell’1-2% per gestire la rete degli esercizi convenzionati. Le richieste dei commercianti in Italia di fatto sono due. La prima è lo stop alla formula di fatto del massimo ribasso. L’urgenza è dettata dall’imminente gara Consip Bp10 (Buoni pasti edizione 10) del valore di 1.250 milioni di euro che comporterebbe una tassa occulta a carico di pubblici esercizi e Gdo di oltre 200 milioni. Le imprese rappresentate da Ancd Conad, Coop Italia e Ancc Coop, Fiepet Confesercenti, Federdistribuzione, Fida e Fipe-Confcommercio, che accettano i ticket chiedono inoltre la riforma del mercato dei buoni pasto intervenendo sull’articolo 144 del Codice dei pubblici appalti. Tale articolo prevede che lo sconto incondizionato, di fatto una commissione, applicato dagli emittenti agli esercenti non possa essere più basso dello sconto applicato dagli emettitori in sede di gara alla Consip. 

"La stazione appaltante per il servizio di buoni pasto all'interno della pubblica amministrazione, Consip, effettua le gare solo nominalmente con il sistema dell'offerta economicamente più vantaggiosa mentre, di fatto si traduce, nell'aggiudicazione a chi offre il prezzo più basso - spiegano le sigle - Nel corso delle ultime due gare, 2018 e 2020, gli esercenti si sono trovati a pagare commissioni medie del 19,8% (BP8) e del 17,80% (BP9). Questo meccanismo - sostengono ancora le organizzazioni -finisce per scaricare il risparmio della pubblica amministrazione sui pubblici esercizi e sulla distribuzione commerciale. Per ciascun buono da 8 euro il bar, il negozio alimentare o il supermercato ne incassa poco più di 6. Una volta scalati anche gli oneri di gestione (conteggio, spedizione, pos, ecc.) e quelli finanziari si registra un deprezzamento del 30%: ogni 10mila euro di buoni incassati, gli esercizi convenzionati perdono circa 3mila euro. E' sottoscritto un manifesto nel quale si chiede la riforma del sistema dei buoni pasto. Due i punti fondamentali: la salvaguardia del valore nominale dei titoli - un buono da 8 euro deve valere 8 euro anche per l'esercente - e la definizione di tempi certi di rimborso da parte delle società emettitrici".

I tempi dei pagamenti non sono mai immediati e spesso le aziende offrono pagamenti a sette giorni solo in cambio di ulteriori rialzi delle commissioni. Considerando anche costi di spedizione e spese POS per i buoni pasto elettronici, si arriva a una decurtazione del 30% del valore nominale dei voucher per i commercianti. Troppo.

Cosa rischia di succedere

"Se il governo e le istituzioni continueranno a ignorare questo problema come estrema ratio non ci resterà che fissare delle giornate in cui pubblici esercizi e Gdo non accetteranno i buoni pasto" mette in chiaro Calugi.  "Dopo ripetuti appelli sulla necessità di riformare questo sistema, ai quali non abbiamo avuto risposta, siamo intenzionati a portare avanti iniziative più incisive - dice Alberto Frausin, presidente di Federdistribuzione -. È necessario porre all’attenzione del Governo su una situazione che è ormai economicamente insostenibile, con commissioni non eque, le più alte d’Europa". I tre milioni di lavoratori che quotidianamente utilizzano i ticket seguono con apprensione l'evolversi della vicenda.

Non si tratta di un fulmine a ciel sereno. Già un paio di settimane fa vi abbiamo raccontato che se non ci sarà una riforma radicale del sistema di erogazione dei ticket, le imprese della distribuzione commerciale e della ristorazione potrebbero smettere di accettarli. L'inflazione che morde il potere d'acquisto mette di fatto nel mirino il sistema dei buoni pasto. Con una levata di scudi delle imprese dalla distribuzione commerciale e della ristorazione che chiedono una "riforma radicale", a partire dalle commissioni che rappresentano "una tassa occulta del 20%". Serve, secondo i diretti interessati, un intervento radicale senza il quale potrebbero smettere di accettare i ticket. I problemi sono gli stessi da anni. Prima del Covid, circa 10 milioni di lavoratori pranzavano quotidianamente fuori casa. Di questi, circa 3 milioni beneficiavano di buoni pasto e il 64,7% li utilizzava come prima forma di pagamento ,ogni volta che usciva dal proprio luogo di lavoro. Complessivamente si stima che nel 2019 siano stati emessi in Italia 500 milioni di buoni pasto, di cui 175 milioni acquistati dalle pubbliche amministrazioni.

Distorsioni

Impossibile pensare di scaricare a lungo termine quasi tutti i costi sull'ultimo anello della catena. A oggi si rischia che il costo sostenuto dal mondo della ristorazione con il sistema dei buoni pasto sia addirittura superiore in termini di valore, all'ultima tornata di ristori destinati al settore, circa 40 milioni di euro. Una distorsione cui le imprese chiedono di porre rimedio immediatamente. La stazione appaltante per il servizio di buoni pasto all'interno della pubblica amministrazione, Consip, effettua le gare formalmente con il sistema dell'offerta economicamente più vantaggiosa ma proprio per la natura del buono pasto, al massimo ribasso. Il livello di sconti, una volta sdoganato dal pubblico, diventa di riferimento anche per le gare private. Smettere di accettare i ticket sarebbe una soluzione estrema: tutti asupicano di non dover arrivare a quel punto, ma la situazione è delicata come mai in passato. 

Se la grande distribuzione organizzata rifiuterà di accettare i buoni pasto partirà una campagna di boicottaggio contro le catene commerciali invitando gli italiani a non fare la spesa presso i punti vendita delle società coinvolte. Lo afferma Assoutenti, che chiede al più presto soluzioni per evitare danni alle famiglie. "Il problema delle commissioni eccessive sui buoni pasto è un problema reale che, in Italia, si ripresenta ciclicamente – spiega il presidente Furio Truzzi – In tal senso le imprese del commercio e della ristorazione hanno ragione di protestare, ma crediamo che i lavoratori che usufruiscono dei ticket non debbano essere usati come clave per fare pressioni sul governo". Staremo a vedere

Se ne parlerà ancora a lungo, perché di mezzo c'è un giro d’affari da 3,2 miliardi, un terzo dei quali è assorbito dalla pubblica amministrazione. I buoni pasto sono (diventati) molto più della semplice possibilità di un panino al bar.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Addio ai buoni pasti: pausa pranzo (gratis) a rischio

MonzaToday è in caricamento