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"Alessio piangeva, lei rideva: ora non lo rivedi più", la marcia fino all'Onu per riavere il figlio rapito

Da Primaluna, nel Lecchese, il 42enne Angelo Maggioni si è messo in viaggio - facendo tappa anche in Brianza - fino a Ginevra. Portato via dall'Italia già all'età di otto mesi lo ha riabbracciato dopo quattro anni. Poi nel 2019 è successo di nuovo

"L'ho visto passare il check-in all'aeroporto di Milano Malpensa diretto in Algeria, con sua madre, per una settimana o dieci giorni. Invece passati i controlli non mi ha più risposto al telefono e mi è arrivato un messaggio in cui sentivo Alessio piangere, lei ridere: Tuo figlio adesso non lo vedi più". E purtroppo così è stato.

"Doveva stare con la madre una settimana: non è più tornato"

Da luglio 2019 Angelo Maggioni, 42 anni, residente a Primaluna, non vede più il suo bambino, Alessio, che il prossimo ottobre compirà nove anni. Due anni senza vederlo crescere, sorridere o poterlo abbracciare. "Ho solamente potuto guardare quell'aereo partire. Era lo stesso aereo, della stessa compagnia, che me lo aveva riportato due anni prima" ricorda il 42enne che da tempo si batte per poter riabbracciare il figlio rapito e portato in Algeria (per due volte) dalla madre nonostante una sentenza di separazione ne abbia disposto l'affido congiunto in Italia. 

"Mi sono sentito morto, distrutto, impotente. Ho sempre rispettato la legge, confidato nelle istituzioni che mi hanno garantito tutele ma così non è stato e non c'è stata prevenzione". Sì perchè il piccolo Alessio era già stato strappato dalle braccia del padre poco dopo la nascita, quando aveva solo otto mesi. E dopo la prima volta è successo di nuovo. 

Alessio, rapito e separato due volte dal padre

La prima volta che il piccolo è stato portato via dal padre aveva solo otto mesi. "Mentre io ero al lavoro la madre è andata al consolato dell'Algeria a Milano e per effetto di un nuovo decreto presidenziale che era stato emesso nel paese e che consentiva il rilascio di un documento valido per l'espatrio per i figli nati da matrimoni misti è riuscita ad avere tra le mani un passaporto algerino con cui mi portò via Alessio". E dopo una battaglia burocratica e diplomatica con interrogazioni parlamentari, cause, denunce e viaggi in Algeria - dove il padre aveva anche cercato di trasferirsi pur di stare vicino al figlio - il piccolo è tornato a casa dopo quattro lunghi anni.

E in Italia la coppia optò poi per una separazione consensuale che stabiliva la collocazione del figlio presso la casa paterna ma con diritto di visita da parte di entrambi i genitori (a condizione che decadessero tutte le cause precedenti portate avanti in Italia e in Algeria). Ma qualcosa non ha funzionato. 

"Il primo anno è andato tutto bene poi cominciarono i problemi e più volte aveva cercato di rapire Alessio, mettendone più volte a rischio anche la vita" racconta Maggioni che nonostante il precedente, credendo nel principio della bigenitorialità, ha sempre favorito i rapporti madre-figlio. Fino a quel giorno di luglio di due anni fa in cui vide il piccolo per l'ultima volta. 

Una marcia fino a Ginevra al Palazzo dell'Onu

Dopo quanto accaduto è stata sporta una denuncia per sottrazione di minore nei confronti della madre presso la procura di Lecco e della vicenda si è occupata anche l'Interpol che ha spiccato una "Yellow Notice" che riguarda il rintraccio di persone - in questo caso un minore - scomparse. Da tempo Maggioni porta avanti la sua battaglia chiedendo risposte tanto da arrivare in passato a incatenarsi fuori dalla Farnesina. Da qualche giorno invece si è messo in cammino verso Ginevra, diretto al Palazzo dell'Onu. Un viaggio che è insieme un cammino di speranza e di protesta, per chiedere di poter riavere suo figlio e di poter essere un padre. "Sono partito da Primaluna in provincia di Lecco lunedì e mi aspettano circa 450 chilometri in varie tappe" spiega. "Non è solamente la meta a essere importante, conta soprattutto il viaggio. Voglio riuscire a cercare di coinvolgere sensibilizzare e responsabilizzare istituzioni locali - comuni, forze dell'ordine e prefetture - durante un percorso che ho pensato tra Lombardia, Piemonte e Francia fino alla Svizzera sul fenomeno".

E proprio durante una sosta di quel viaggio di quasi cinquecento chilometri verso la destinazione in Svizzera, mentre martedì Maggioni era accampato in Brianza nei pressi del Lambro, a Veduggio, per trascorrere la notte è stato sorpreso da un violento temporale e dalla piena del fiume. 

"Io ho subito due volte il rapimento di mio figlio e su questo tema non c'è prevenzione e si tratta di un reato che approfitta del complesso sistema che agevola queste condotte. Bisogna invece essere in grado di prevenire e di intervenire perchè quando viene portato via un bambino è già troppo tardi". Tra le proposte che Maggioni pensa possano essere strumenti utili c'è la diffusione di una guida di orientamento per operatori e addetti del settore relativa alla questione dei bambini contesi promossa come deterrente o a titolo informativo educativo e in più lingue dai comuni.

"La lacuna più grande è che se non c'è educazione, formazione e prevenzione tutto il resto non può funzionare e nel frattempo un bambino è già stato portato via". E così purtroppo è successo con Alessio. 

"Mi hanno detto che era morto, venduto ai jihadisti"

E ancora oggi dopo due anni il papà non sa dove si trova suo figlio, se sta bene. "So che esiste una relazione protoccollata con il timbro dell'ambasciata che attesta una visita consolare fatta al bambino. Ma io non ho ricevuto nessuna prova, nessun riscontro" commenta Maggioni. "In Algeria esiste anche un grave problema legato alla pandemia e al covid che imperversa. Mi hanno fatto credere che era morto, che era stato venduto ai jihadisti". 

"Non voglio mollare e abbattermi. Devo andare all'Onu perchè solo Organizzazione delle Nazioni Unite può richiamare all'ordine l'Algeria che non ha sottoscritto accordi bilaterali con l'Italia e multilaterali con l'Europa e riconosce legittimamente solo la Convenzione Onu sui Diritti del Fanciullo del 1989". 

E nonostante siano passati anni - troppi trascorsi a distanza - il ricordo vivido del primo incontro con il piccolo Alessio è stampato nella memoria. "Il momento più bello è stato quando l'ho preso in braccio appena nato e mi hanno detto che era mio figlio e ho ringraziato sua madre". "Gli eroi non siamo noi ma i figli che sopravvivono in questi inferni e in quelle situazioni da cui non sono capaci di liberarsi. Non bisogna dire di aspettare ma bisogna fare" aggiunge.

E ad Alessio, ovunque si trovi, il suo papà vorrebbe che arrivasse il ritornello della canzoncina che insieme avevano imparato a scuola per una recita: "Questa è l'italia che abbraccia tutti e tutte le culture" conclude Maggioni. "Alessio ricordati e non dimenticarti mai la canzone Pace e Amore". Quell'amore che il padre - anche con questa nuova impresa - cerca ogni giorno di dimostrargli, nutrito di speranza. 

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