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Coronavirus, in Lombardia 546 morti in un giorno. Si muore di più perché il virus è mutato?

Lo ipotizza Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell'ospedale Sacco di Milano

Continua la stretta del Coronavirus su Milano e la Lombardia. Nella Regione, nelle 24 ore tra venerdì e sabato 21 marzo, sono morte 546 persone. Mentre i contagi sono saliti a 25.515. Numeri importanti. Numeri che fanno riflettere alcuni esponenti della comunità scientifica.

Il coronavirus Sars-CoV-2 "potrebbe essere mutato". Ad avanzare l'ipotesi è Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell'ospedale Sacco di Milano, centro di riferimento contro Covid-19. L'esperta esprime "un pensiero convergente" con quello della virologa Ilaria Capua, docente all'università della Florida: "In Lombardia c'è qualcosa che non comprendiamo. Si sono superati i morti della Cina in un'area infinitesimamente più piccola e in un tempo minore".

"Sta succedendo qualcosa di strano - avverte Gismondo - In Lombardia c'è un'aggressività che non si spiega. Le ipotesi possono essere tutte valide", precisa, ma "una è che il virus sia forse mutato". Per questo "lancio un appello alla comunità scientifica: uniamoci per capire - esorta la virologa - Se tutti ci mettiamo insieme e ne studiamo un pezzetto, probabilmente riusciremo a comprendere".

"L'impressione è che sia passato un anno, invece è trascorso solo un mese".

L'impressione è che sia passato un anno, invece è trascorso solo un mese. Trenta giorni da quel 21 febbraio quando tutto è cominciato, con la notizia del 38enne Mattia che all'ospedale lodigiano di Codogno svelava l'ingresso del nuovo coronavirus in Italia (fortunatamente il paziente1 sarà dimesso entro la fine del weekend). A Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell'ospedale Sacco di Milano, centro di riferimento contro Covid-19, sembra "un sogno" dei più brutti, "una favola" di guerra con camici bianchi in trincea che hanno perso il senso del tempo: "Ormai siamo abituati non avere più distinzione tra sabato, domenica e il resto della settimana - dice all'AdnKronos Salute - spesso neanche tra il giorno e la notte".

"Stiamo vivendo in un mondo che non conoscevamo", spiega l'esperta, al telefono mentre "sto facendo la coda fuori dal supermercato perché in casa non c'è più niente", racconta. "Un mondo stranissimo - sottolinea - circondati da persone che ci chiedono cosa ne pensiamo, cosa accadrà, la data in cui finirà, come se noi fossimo i depositari della verità di questo virus. Noi in realtà siamo preoccupati come tutti gli altri", confessa la scienziata. C'è timore, ammette, di fronte a "quello che prima non ci preoccupava e che io e altri virologi - come del resto l'Organizzazione mondiale della sanità - dicevamo sarebbe stato poco più grave di un'influenza. Adesso invece - riflette Gismondo - davanti ai numeri della Lombardia, siamo abbastanza attoniti e vogliamo capire di più".

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