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Quaranta rose bianche a terra per commemorare gli infermieri morti di Covid: il flash mob in piazza

Distanziati e con indosso mascherine e maschera bianca per protestare silenziosamente sotto il Pirellone. La manifestazione

A terra, al centro della piazza, un cuore di stoffa blu con quaranta rose bianche. Una per ogni infermiere ucciso dal Covid-19 in Italia. E poi cento tra infermieri e ostetriche, mascherina e maschera bianca indosso per chiedere di non essere dimenticati. Per testimoniare l'impegno e i sacrifici che da sempre - e non solo in questi mesi di emergenza - caratterizzano la categoria. 

Il flashmob, organizzato dal Nursind, è andato in scena mercoledì mattina sotto il Pirellone. Perfettamente distanziati, con mascherina e camice indosso, gli infermieru hanno dimostrato silenziosamente il proprio disappunto nei confronti della gestione della pandemia da parte di Regione Lombardia. Una mobilitazione per non dimenticare il grande sacrificio pagato dalla categoria durante la pandemia e rivendicare richieste che da anni vengono portate sui banchi della politica e che fino ad oggi sono rimaste inascoltate.

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Numerose le testimonianze dirette di chi ha vissuto la pandemia sul campo: infermieri e ostetriche che hanno visto morire pazienti e colleghi e che hanno patito  il dolore e la paura di poter contagiare i propri cari. Professionisti che adesso devono affrontare i danni psicologici subiti durante la pandemia. Vittime, a loro volta, di malattie professionali che li accompagneranno a lungo.

“Diverse le motivazioni alla base della protesta – spiega Donato Cosi, coordinatore regionale NurSind Lombardia -. In primis la mancata convocazione del nostro sindacato da parte della Regione alla spartizione dei premi economici per il Covid-19. I risultati si sono visti: Cgil, Cisl e Uil sono riusciti a garantire un premio anche alle situazioni più assurde, come i lavoratori che hanno proseguito in attività smart working”. Il Nursind ha colto l'occasione per rivendicare alla  Regione quelle richieste sulla riorganizzazione del lavoro avanzate ben prima dell’emergenza sanitaria.

“ È da tempo che combattiamo contro il cosiddetto minutaggio assistenziale – prosegue Cosi -. Una modalità di lavoro introdotta dalla Regione che calcola in modo obsoleto, anacronistico, scellerato e pericoloso il fabbisogno infermieristico all’interno degli ospedali. Un calcolo vecchio di oltre vent’anni e che prevede l’organizzazione del lavoro e il personale in corsia in base a quei 120 minuti che nell’arco delle 24 ore devono essere destinati all’assistenza del singolo paziente. Un calcolo ormai superato e ben al di sotto del reale bisogno del malato che, rispetto al passato, presenta una serie di patologie maggiori e più complesse che necessitano un numero maggiore di forze in campo”.

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