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Coronavirus San Donato / Via Michelangelo Buonarroti

Coronavirus, ristorante rischia di non riaprire: "Da 85 a 35 coperti. Siamo in ginocchio"

Corrado Giovenco, titolare del Michelangelo's in via Buonarroti, vuole riaprire la sua attività ma aspetta - come tutti - di conoscere le nuove norme. Di fronte alle difficoltà economiche l'idea di una chiusura definitiva si fa purtroppo concreta

Riaprire la serranda dopo mesi di stop sarà già di per sè una grande novità. Ma il locale che a partire da lunedì 18 maggio potrebbe tornare ad accogliere i clienti e a servire pizze, hamburger e birre non sarà più lo stesso. Almeno per ora. Nessuna pietanza accompagnata da convivialità, da musica, karaoke e chiacchiere: sul pavimento il nastro isolante che divide la sala in quadrotti segnando lo spazio "vitale" da assegnare a ogni tavolo. E ancora distanza di sicurezza, disinfettanti, mascherine e guanti per il personale. E poi quello che il cliente entrando non può vedere: i conti in rosso da far quadrare. Troppe in questi mesi di lockdown le difficoltà da affrontare, il rebus delle norme da interpretare e da ultimo, a meno di 48 ore dalla fatidica data di riapertura delle attività di ristorazione, la mancanza di linee guida definite da seguire. 

A raccontare che cosa significa rimettere in piedi un'attività a Monza è stato Corrado Giovenco, titolare del Michelangelo's di via Buonarroti, un locale che un anno e mezzo fa ha inaugurato la sua attività servendo pizze, hamburger e specialità. Ottantacinque coperti in tutto - che nelle serate di grande affluenza potevano diventare quasi un centinaio - che da inizio marzo sono solo sedie vuote in un ristorante chiuso che ora - a causa delle difficoltà economiche generate dalle ricadute dell'epidemia - rischia di fermarsi definitivamente.

Come riapriranno i locali?

In attesa di comunicazioni ufficiali sulla riapertura e notizie certe che nei giorni scorsi tardavano ad arrivare (la comunicazione del via libera alle riaperture in Lombardia è arrivata solo venerdì sera con l'annuncio del governatore Fontana e al momento si attendono ancora le direttive regionali) Giovenco ha preso in mano il metro e il nastro isolante e ha cominciato a fare i calcoli e a suddividere lo spazio del suo ristorante. 

"Sono le 11.30 di sabato mattina - spiega il titolare - lunedì è prevista la riapertura e io non ho ancora saputo nulla di certo sulle misure da adottare. Ieri ho fatto delle misurazioni sulla base di notizie apprese dalla stampa, basandomi su una scheda pubblicata da TgCom sulle norme da adottare per i ristoratori". E così ha ridisegnato lo spazio del suo locale, riservando 4mq per cliente senza sapere se per ogni tavolo da due persone doveva preventivare un'area di 8mq e se questo spazio possa o meno bastare per uno stesso nucleo familiare.

Meno coperti e mille difficoltà

Sulla carta il risultato è stato un drastico taglio dei coperti che da 85 circa potrebbero arrivare a 35 o, se le norme dovessero essere ancora più stringenti, a 22. Con la conseguente riduzione degli introiti. "In questo periodo abbiamo registrato perdite pari al 90-95% degli incassi" ha ricordato. "Non mi sono mai arrivati i 600 euro per i lavoratori autonomi previsti dal governo" ha aggiunto. Tante le sollecitazioni all'Inps cadute nel vuoto e tanta delusione anche per la sorte dei suoi dipendenti, tre persone in tutto prima della crisi che con la scadenza di un contratto si sono ridotti a due: un cuoco e un lavapiatti, anche loro in cassa integrazione in deroga e anche loro in attesa di ricevere i sussidi che allo stato attuale non sono ancora pervenuti. 

"E' una follia, una follia tutta italiana" si sfoga il titolare spiegando che tanti sono i punti incerti a poche ore dalla riapertura. La questione relativa ai guanti, ai menu digitali o virtuali e al plexiglass che, nel caso diventi obbligatorio, deve essere acquistato e installato. 

"Lunedì 18 maggio io non riaprirò - spiega Giovenco - perchè il lunedì è il nostro giorno di chiusura e poi perchè ho bisogno di qualche giorno per organizzarmi, per capire come si dovrà lavorare. Abbiamo avuto tre mesi per prepararci, per riflettere e prima o poi questo momento sarebbe arrivato: è possibile che si debba aspettare il sabato in vista del lunedì di riapertura per dare indicazioni?".

"Darei a Conte le chiavi del mio locale"

"Nessuno di noi era preparato per affrontare questa emergenza unica e speriamo irripetibile ma servivano regole chiare non fumose". Tra le questioni ancora da chiarire per cui i ristoratori aspettano risposte c'è il "plateatico", la possibilità di utilizzare lo spazio pubblico all'esterno dei locali senza costi oppure il bonus elettricità con la riduzione delle bollette per l'energia elettrica che "anche se un ristorante è chiuso restano alte". "Abbiamo spento tutto e tenuto solo un frigorifero in funzione ma arrivano comunque 500 euro di bolletta che dobbiamo pagare" spiega il titolare del Michelangelo's. 

"Vorrei dare le chiavi del mio locale al premier Conte e affidargli il ristorante: lo pagherei come sono pagato io cioè nulla adesso e vorrei che provasse a gestire l'attività perchè solo così, da protagonista, si può capire cosa stiamo passando" ha aggiunto il ristoratore che - non lo nasconde - in questi mesi ha pensato più volte di mollare e di non riaprire. "L'attività è a rischio, il nostro pensiero è di provare comunque ma bisogna capire se queste trentacinque sedie che mi restano da occupare le riusciremo a riempire tutte". 

Anche se i locali riapriranno infatti la vera incognita restano i clienti: quante famiglie magari messe in ginocchio dalla crisi torneranno a uscire a cena, quanti monzesi saranno disposti a sfidare la paura del contagio e tornare nei locali? "A nome di tutti i ristoratori so che ci stiamo attrezzando per assolvere con professionalità al nostro compito cioè ristorare. Andate fuori a cena con fiducia: stateci vicino, non perdete l'abitudine di uscire altrimenti saremo davvero pochi eroi ad andare avanti". 

"Ho ricevuto tanti messaggi di solidarietà e di vicinanza: noi vi aspettiamo tutti" ha concluso. 

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