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Che cosa fare (e non fare) quando si accoglie un profugo dall'Ucraina?

Laura Gatelli, psicologa, chiarisce alcuni dubbi a chi ha deciso di aprire le porte di casa a chi scappa dalla guerra

In queste settimane sono numerose le famiglie di monzesi e di brianzoli che, con estrema generosità, hanno aperto le porte della loro casa a donne e bambini che stanno scappando dalla guerra in Ucraina. C'è chi si è reso disponibile ad ospitare solo una persona, chi invece è andato oltre aprendo le porte di casa a un'intera famiglia di sei persone.

Ma sono tanti i dubbi e le domande che spesso le persone si pongono, ancora prima di decidere di accogliere. La paura di non avere tempo, di non avere una casa abbastanza grande, di non essere all'altezza. A cercare di chiarire meglio questi dubbi è Laura Gatelli, psicologa con un'esperienza ultra ventennale nel consultorio, che ha vissuto in prima persona progetti umanitari. Anche lei ha deciso di accogliere una mamma con una bambina di due anni gravemente malata. 

Quando lo scorso 8 marzo è arrivato a Monza il primo pullman con 50 profughi tra bambini e mamme, la psicologa ha cercato di spiegare alle famiglie come comportarsi e di rispondere ai tanti dubbi di chi, magari alla prima esperienza, non sapeva come rapportarsi con gli ospiti, impauriti anche dall'ostacolo della lingua. 

Farli sentire al sicuro

"Il primo passaggio è farli sentire al sicuro e non farsi prendere dall'onda emotiva - spiega la psicologa -. Fare movimenti pacati, non parlare troppo e velocemente, non farsi prendere dall'ansia di abbracciare bimbi che arrivano dopo un lungo viaggio. Sono comunque persone stanche, impaurite e traumatizzate. Sono persone che da un giorno all'altro hanno perso tutti i punti di riferimento e si ritrovano in un'altra nazione, accolti da persone che non conoscono. Bisogna imparare a farli sentire al sicuro. Noi non conosciamo il loro trauma, dobbiamo trasmettere messaggi (anche attraverso il corpo e il linguaggio) di serenità. Qui non c'è alcun pericolo". 

Incubi e sonno disturbato

"Naturalmente non è facile: nè per loro, nè per le famiglie che ospitano - prosegue -. È importante monitorare la loro situazione fisica e psicologica anche nei giorni seguenti all'arrivo. Potrebbe capitare che abbiano problemi di sonno, di notte possono avere incubi o un sonno disturbato. Brutti ricordi che tornano alla mente. Magari potrebbero anche essere inappetenti. Non dobbiamo dimenticare che hanno subito un trauma. Ci vuole pazienza e se questi disturbi proseguono a lungo o le manifestazioni sono particolamente importanti è bene rivolgersi subito a uno specialista". 

Non riempire le loro giornate

"Non riempire, soprattutto i bambini, di giocattoli - precisa - Far trovare loro alcuni doni, meglio non elettronici che stimolano ulteriormente il cervello. Piuttosto coinvolgerli in attività semplici. Momenti all'aria aperta in mezzo alla natura, matite colorate e fogli da disegno per far emergere la loro creatività, o le costruzioni. Ma soprattutto non ci deve essere l'ansia di riempirgli il tempo. Bisogna aiutarli a ricostruire la loro quotidianità, anche con incontri con i loro connazionali che vivono in Italia e diventano un prezioso aiuto anche per l'apprendimento della lingua".

Si può ospitare se si lavora?

"Posso ospitare anche se vado tutto il giorno al lavoro? Questa è una domanda che in molti mi stanno facendo - continua -. Naturalmente se con il minore c'è un adulto non c'è alcun problema. L'importante è fornire alle persone le informazioni basilari. I punti di riferimento all'interno della casa e nel rione. Renderli partecipi e attivi nella vita familiare. Per esempio invitandoli a fare le piccole commissioni, o la sera cucinare insieme. Sono adulti e da tali dobbiamo trattarli. Non devono sentirsi ospiti, ma parte della famiglia dove, ciascuno, ha i suoi compiti e collabora". 

I contatti con i parenti in Ucraina

"Qualcuno potrebbe apparire un po' riluttante nel fornire l'accesso al Wifi - conclude -. Non dimentichiamo che per loro la connessione Internet è fondamentale per mettersi in contatto con i familiari. Mettiamoci nei loro panni. Quando anche noi siamo lontani da casa abbiamo il desiderio di sapere come stanno i nostri cari. Nel loro caso è ancora più importante perchè i loro mariti, compagni o papà sono rimasti in Ucraina, spesso sotto le bombe". 

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