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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Laura, la monzese che ha accolto un'intera famiglia di profughi

Lei e il marito hanno aperto le porte di casa a un'altra coppia con 4 bambini. Ma adesso hanno bisogno di un tetto solo per loro

La casa di Laura adesso è un via vai di bambini che giocano, corrono e cercano di dimenticare quegli orrori che hanno visto mentre con mamma e papà scappavano dalla guerra. A Monza, nella casa dove Laura vive con il marito e il figlio di 11 anni, si respira l'aria dell'accoglienza. 

Una storia particolare quella della monzese che ha deciso di rimanere nell'anonimato. Niente foto e niente cognomi: il vero miracolo è che questa giovane famiglia abbia finalmente trovato la salvezza. Il papà (uno dei pochissimi uomini che è riuscito ad uscire dal Paese) in Ucraina era un artigiano. Per la prima settimana ha vissuto con i suoi 3 bambini di 13, 8 e 5 anni nella mansarda di Laura. Mentre la mamma era all'ospedale Besta di Milano dove la bimba di 11 anni, malata oncologica, è stata sottoposta a un delicatissimo intervento chirurgico. 

"Non siamo eroi: l'accoglienza è nel nostro dna"

Laura che ha 55 anni e non è nuova al mondo del volontariato, si stupisce delle luci della ribalta. "L'accoglienza è nel nostro dna - racconta -. Sono cresciuta in una famiglia semplice e ricordo i racconti della mia nonna quando, durante la Seconda Guerra Mondiale, aveva ospitato i figli di alcuni soldati partiti per il fronte russo. Insomma dove mangiano in cinque possono anche mangiare in otto". La donna già in passato aveva vissuto l'esperienza dell'accoglienza dei bimbi provenienti da Chernobyl e quando l'avvocato Agostino D'Antuoni l'ha allertata per ospitare un'intera famiglia non ci ha pensato due volte. 

La corsa a comprare i materessi

"Ho mandato di corsa mio marito al supermercato a comprare i materessi che erano in offerta - prosegue -. Poi mi sono organizzata". Una fitta rete di volontari che in queste settimane si sono messi in moto per raccogliere cibo e vestiti da consegnare alle famiglie che ospitano hanno fatto il resto. Chi scappa dalla guerra è arrivato in Italia a malapena con un cambio e nulla più. Il resto è arrivato in modo naturale: un sorriso per i bimbi, una pacca sulla spalla per il papà e quel non sentirsi solo e abbandonato che Laura e la sua famiglia gli hanno subito fatto sentire.

Si comunica con il traduttore

"Si comunica con il traduttore - racconta -. È facilissimo e immediato. Questo papà è straordinario. Sta facendo di tutto per proteggere i suoi bambini. Passano tutta la giornata insieme, niente tv e niente immagini di guerra e di bombe. Al massimo i cartoni animati in russo che trova su Youtube. Con noi è molto premusorso e dolce. Con mio marito parla di cucina, e l'altro giorno quando è andato al supermercato mi ha comprato la maionese e i pomodorini dicendomi che era un regalo e che aveva visto che mi piacevano tanto".  Non sono giorni facili. Tutt'altro. Giorni scanditi anche dalle pratiche burocratiche, dalle visite mediche di routine, dalla paura per i parenti e gli amici rimasti in Ucraina. E poi il pensiero fisso per quella figlia malata di tumore. "Per questo papà non è facile tenersi tutto dentro - aggiunge -. Proteggere i suoi bimbi facendoli vivere in una sorta di bolla di serenità dove non esistono guerre, morti e spari. Il medico gli ha riscontrato la pressione un po' alta e lui gli ha fatto notare che certamente era dovuta al grande stress che da settimane sta vivendo". 

Adesso serve una casa tutta per loro

Laura fa di tutto per farli sentire a casa. Settimana scorsa, in occasione del compleanno della moglie, ha comprato e portato al Besta una torta. Un modo semplice per vivere comunque i momenti belli della vita. Oggi, mercoledì 16 marzo, la bambina verrà dimessa poi inizierà il percorso chemioterapico. "Le porte della mia casa e del mio cuore sono sempre aperte per questa coppia e per i loro figli - conclude Laura -. Ma adesso loro hanno bisogno di privacy e di intimità. Adesso è il momento anche delle istituzioni. Serve una casa, perfetto anche un bilocale. La vita in Ucraina, ancor prima della guerra, era ben diversa rispetto a quella italiana. E una famiglia anche con più figli si organizzava perfettamente in piccoli spazi. Hanno bisogno di un tetto tutto loro dove condividere emozioni e paure, dove la bimba possa affrontare tranquillamente anche gli effetti collaterali della terapia. Sola con la mamma, il papà e i suoi fratellini. Noi ci siamo e ci saremo sempre, ma l'accoglienza è anche questo: rispettare la dignità e la privacy delle persone". 

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