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Sos case popolari: il Comune di Monza ha solo tre alloggi in caso di emergenza

La denuncia del consigliere Paolo Piffer, i progetti di recupero lanciati anni fa dal referente dell'associazione inquilini Michele Quitadamo

A Monza ci sono solo tre appartamenti popolari da assegnare in caso di emergenza. Se una famiglia viene sfrattata il Comune dispone solo di tre alloggi comunali da assegnare temporaneamente in attesa di individuare una soluzione definitiva.

Piffer: "Questo è uno scandalo"

La denuncia arriva dal consigliere comunale Paolo Piffer, capogruppo di Civicamente che nell’ultimo consiglio comunale ha espresso voto contrario in merito al regolamento dei Servizi abitativi transitori, le cosiddette case comunale che in via temporanea vengono assegnate in caso di emergenza. “Tre appartamenti in una città di 124.000 abitanti – commenta il consigliere di minoranza -. Questo è lo scandalo. Adesso sappiamo perfettamente come verrebbero assegnati alloggi se ne avessimo a disposizione. Non si investe in edilizia pubblica da molti anni e la richiesta cresce ininterrottamente. La casa è una condizione necessaria per poter vivere una vota dignitosa, è la base insieme al lavoro. Se ne parla molto, ma se ne parla e basta, senza stanziare risorse”.

Quante sono le case comunali a Monza

Dai dati diffusi dagli uffici comunali il Comune di Monza ha 1.451 alloggi comunali, di cui 1.270 sono già stati assegnati e un centinaio verranno assegnati nel corso di quest’anno. Gli altri verranno sottoposti a interventi di ristrutturazione.

Il problema dell’emergenza abitativa e dell’insufficienza di alloggi da assegnare, in via transitoria, in emergenza non è una novità. Una battaglia che da anni porta avanti il monzese Michele Quitadamo, referente As.ia.Usb Monza e Brianza. Il responsabile locale dell’Associazione inquilini e abitanti conosce perfettamente il problema dell’emergenza abitativa e da anni propone alle Giunte che si susseguono (senza distinzione di colore politico) le possibili soluzioni al problema.

Quitadamo: "Monza ne avrebbe bisogno 20"

“Le case comunali e Aler sono un patrimonio pubblico da valorizzare – spiega Michele Quitadamo a MonzaToday -. Invece vengono viste come un problema. È da anni che ribadisco che in una città come Monza servirebbero almeno una ventina di alloggi di emergenza come, peraltro, prevedono le disposizioni regionali e in merito a questa questione erano stati messi fondi a bando”.

Monza non è l’unica città che pecca per mancanza di alloggi di emergenza. “Villasanta, per esempio, non ne ha neppure uno – continua -. Se il Comune mettesse a disposizione 20 alloggi per le emergenze dovrebbe affrontare una spesa annua di circa 40mila euro. A fronte di quei 480mila euro spesi durante la Giunta Scanagatti per aiutare venti famiglie che si sono trovate in mezzo alla strada e sono state ospitate a spese del Comune in pensioni o in alberghi. Famiglie, peraltro, smembrate con madri e figli ospitati e i padri che dovevano arrangiarsi”.

"Ecco come rispondere all'emergenza abitativa"

Quitadamo in tema di emergenza abitativa e di assegnazione degli alloggi da anni propone anche il progetto dell’auto recupero. Se il Comune non ha i fondi per sistemare e assegnare le case, l’intervento può essere fatto direttamente dalle famiglie decurtando poi i costi dei lavori eseguiti (tutti naturalmente fatturati) dagli affitti.

“Può essere una soluzione in caso di piccoli interventi, al massimo di 5 mila euro, non di grandi opere di ristrutturazione – precisa -. Il sistema può essere applicato anche agli inquilini che già abitano e che spesso chiedono al Comune di eseguire interventi di manutenzione, rimandati per mancanza di fondi. In questo modo il Comune valorizzerebbe il suo patrimonio di edilizia popolare e al tempo stesso garantirebbe alloggi più dignitosi ai cittadini. Monza, applicando questo modello, potrebbe diventare la prima città in Italia senza alloggi sfitti”.

La richiesta al Governo: "Fondi per l'emergenza abitativa"

Quitadamo lancia anche una richiesta al Presidente del Consiglio Mario Draghi: “Una richiesta al premier e a tutta la politica nazionale – spiega -. Destinare, tra i fondi previsti nel Recovery Plan, anche una quota all’edilizia popolare e alle persone che, con lo sblocco degli sfratti previsto per la fine di giugno, si ritroveranno in mezzo a una strada. La situazione nei prossimi sei mesi sarà drammatica”.

Quitadamo pensa al piano edilizio degli anni Sessanta. “Amintore Fanfani che politicamente è distante dal mio pensiero politico – aggiunge – è stato il primo che all’epoca ha messo in campo un piano nazionale della casa, andando incontro alle esigenze dei tantissimi che, soprattutto nella capoitali, vivevano nelle baracche”.

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