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Aiuti a famiglie e imprese

Nuovo decreto: ipotesi bonus (quasi) 200 euro ogni mese

Il premier Draghi ha ha chiarito che nel provvedimento di fine luglio si affronteranno solo le questioni urgenti: potrebbe così arrivare, un po' a sorpresa, una nuova misura che replichi il modello dell'una tantum, da concedere per alcuni mesi

Il prossimo decreto del governo Draghi con aiuti a famiglie e imprese arriverà entro due settimane e sarà un provvedimento "corposo", con misure in primis contro il caro-energia, ma non soltanto. E poi da lì in poi un percorso di "tavoli" sui temi del cuneo fiscale, della lotta alla precarietà del lavoro e infine sul salario minimo partendo dalla proposta del ministro del Lavoro, Andrea Orlando. Sarebbe questa l'agenda dei lavori che il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha proposto ai leader di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri nell'incontro di ieri a Palazzo Chigi. Il premier ha chiarito che nel provvedimento di luglio si affronteranno le questioni urgenti, e che il decreto di luglio avrà "poco di strutturale, la parte strutturale avviene nella legge di bilancio".

Cresce l'ipotesi che nel decreto "di mezza estate", per ridurre la perdita di potere d’acquisto delle retribuzioni, possa spuntare una misura che replichi il bonus di 200 euro una tantum. Un intervento sul cuneo fiscale, a vantaggio dei lavoratori e concentrato sulle fasce basse arriverebbe invece poi in manovra. Scontata la proroga per il terzo trimestre del credito d’imposta del 25% a tutte le imprese che consumano energia e gas, scaduto a fine giugno, e l’estensione del bonus, sempre al 25%, per le imprese gasivore, questo scaduto il 31 marzo scorso. Dovrebbe essere confermata poi l’estensione al terzo trimestre del cosiddetto bonus bollette riconosciuto nella misura del 15% dei maggiori costi sostenuti dalle piccole aziende e attività che consumano fino a 16,5 Kw. Capitolo benzina: il taglio del 30 centesimi al litro oggi è garantito fino al 2 agosto. L’obiettivo, risorse permettendo, sarebbe di prorogare lo sconto per almeno altri due mesi, dunque fino a fine settembre.

E poi arriviamo alla portata principale, oltre che elemento forse meno atteso: un nuovo bonus "soft" per far fronte alla galoppante inflazione, tipo quello dal 200 euro. Nel decreto che Draghi ha annunciato per fine luglio potrebbe trovare spazio un intervento per alleviare la perdita del potere d’acquisto delle retribuzioni sul modello del bonus di 200 euro: si ragiona su una cifra inferiore ai 200 euro, ma da concedere per alcuni mesi, secondo un'indiscrezione del Sole 24 Ore. Sarebbero in corso valutazioni dei tecnici ministeriali al Tesoro per calcolare l'impatto economico della misura e quali categorie di lavoratori ne avranno beneficio. In seguito il Governo punta a intervenire nella manovra di fine anno sul cuneo fiscale-contributivo per rendere strutturale il sostegno ai salari e al potere di acquisto, a tutto vantaggio dei lavoratori. Sul piatto, per ora, ci sarebbero 4-5 miliardi destinati a quel preciso scopo; l’obiettivo ddi Draghi è quello di concentrare l’intervento sulle fasce di reddito sotto i 35mila euro. Il taglio al cuneo andrebbe raccordato alla riforma dell’Irpef, magari con un altro piccolo taglio sui contributi.

Complicato intervenire su un tema strutturale come il salario minimo con un decreto, magari pasticciato e non cristallino, fatto in fretta e furia. Ma è necessario spingere le retribuzioni e contrastare il lavoro povero, dunque starebbe maturando l’idea di utilizzare il trattamento minimo dei Ccnl più diffusi in ciascun settore come soglia al di sotto della quale non si può andare in ogni settore. Vista l'annosa contrarietà dei sindacati a un minimo imposto per legge, ciò che Orlando suggerisce è che a fissarlo sia la contrattazione collettiva, settore per settore. Si tratta di dare valore legale ai contratti nazionali più rappresentativi perché diventino l’asticella sotto la quale non si può scendere. La scelta presuppone in primis di sciogliere il nodo della rappresentanza per determinare quali contratti collettivi debbano prevalere: più complesso di quanto sembri. La soluzione può essere l'accordo interconfederale del 2014 tra Cigl, Cisl, Uil e Confindustria che definisce le modalità per misurare la rappresentatività di associazioni sindacali e datoriali: basterebbe recepire il tutto con una legge. Ma il tema è oltremodo complesso, perché se si andasse avanti su questo binario, senza affiancare all’estensione della contrattazione più rappresentativa il salario minimo legale (9 euro, ad esempio), non ci sarebbe una "soglia della dignità" per tutelare anche i lavoratori coperti dai tanti contratti "corsari", rappresentativi perché firmati da sigle aderenti a Cgil, Cisl o Uil, ma con retribuzioni basse, anche sotto i 5 euro all'ora, in cui è stato lo stesso sindacato più rappresentativo a fissare tabelle salariali insufficienti, e dunque l'operazione di adeguamento giudiziario dei minimi è molto meno scontata di quel che sembri.

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