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"Il carcere del futuro: con stanze dell'amore e telefono in cella"

Le riflessioni del consigliere comunale Paolo Piffer all'indomani della visita nel carcere di Sanquirico dove ha raccolto le necessità di detenuti e lavoratori

Oltre quattro ore in carcere. Per parlare con la direttrice, con il comandante della polizia penitenziaria, con gli educatori, con i medici, con gli infermieri e con la psicologa per conoscere e vedere con i propri occhi come è la situazione nella casa circondariale di Sanquirico a Monza. E da qui fare una lunga riflessione sul futuro della struttura monzese (e più in generale della situazione carceraria in Italia) condiviso sui social proponendo la creazione (anche nel carcere monzese) della stanza dell'amore e della possibilità da offrire ai detenuti di telefonare dalla loro cella, quando ne sentono il bisogno, a una stretta rete di amici e/o parenti  precedentemente individuati e selezionati.  Ad illustrarla con una diretta Facebook il consigliere comunale Paolo Piffer (Civicamente) che insieme a Simona Giannetti (penalista radicale e consigliere generale del Partito radicale) in questi giorni ha visitato il carcere di Monza. Una realtà che Piffer conosce molto bene. Al centro il detenuto che, oltre a pagare il suo debito con la giustizia, deve prima di tutto essere rieducato e reinserito. Tenendo ben saldi (soprattutto nel caso dei detenuti più giovani e che hanno diversi anni da scontare) un filo diretto con la propria famiglia. 

Pensare al futuro del detenuto

"Il progetto è lungo e certamente di non immediata attuazione - precisa Piffer -. Lo scopo è dare al detenuto la possibilità di contattare quando ne sente la necessità quella strettissima schiera di familiari. Non stiamo parlando di dare ai detenuti smartphone e connessione Internet, ma la possibilità di telefonare direttamente dalla cella a quella stretta rete di persone precedentemente individuate con le quali mantenere i rapporti anche durante la detenzione". Così che quando c’è la giornata no, o in un momento di sconforto la persona possa confrontarsi con una voce familiare o amica. Ma non solo. L'idea è quella di creare anche le cosiddette stanze dell'amore. "Individuare all'interno del carcere spazi idonei e riservati dove il detenuto possa avere incontri intimi con la moglie, la compagna o la fidanzata - precisa -. Importante per un progetto di reinserimento della persona, guardando anche al suo futuro fuori dal carcere". 

Un carcere al collasso

La situazione a Sanquirico non è semplice. Come hanno spiegato Piffer e Giannetti "più che una casa circondariale è un carcere dove oltre la metà dei detenuti hanno ricevuto già la pena definitiva, oltre la metà hanno problematiche di salute mentale spesso legate a dipendenze o forti traumi. Oltre il 50% dei detenuti sono stranieri con cultura, religione e abitudini anche alimentari diverse da quelle dei detenuti italiani". Il che, se non c'è un'adeguata integrazione, rischia di portare ulteriori conflitti all'interno di una struttura che, sempre più spesso, si traforma in polveriera.

Servono dentisti

Eppure il carcere è una buona fucina per creare nuovi talenti. "In quello monzese ci sono diversi laboratori tra i quali quello di falegnameria e l'orto - ricordano Piffer e Giannetti -. Ma è troppo isolato dal territorio. Bisognerebbe utilizzare maggiormente queste potenzialità, facendole arrivare anche agli imprenditori". Ma nel frattempo nella casa circondariale di Monza c'è un'altra emergenza. Quella della ricerca di dentisti. "I detenuti devono aspettare anche sei mesi - conclude Piffer -. Servono professionisti che mettano a disposizione gratuitamente qualche ora della settimana per rispondere a questa esigenza". 

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