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Che fine hanno fatto i profughi ucraini arrivati in Brianza?

La maggior parte ha lasciato l'Italia. Burocrazia più veloce e aiuti concreti in Germania e in Polonia

È riuscito a salvare dalle bombe oltre 200 persone. Mamme, papà, tantissimi bambini (anche malati) e anziani. Ha messo in piedi una straordinaria macchina della solidarietà basata sulla generosità di privati e di associazioni di volontariato. Più di una volta si è scontrato con le lungaggini della burocrazia e delle istituzioni. E oggi, a quasi quattro mesi dall'arrivo a Monza del primo pullman di profughi (era l’8 marzo), l'avvocato Agostino D'Antuoni continua a chiedere di non lasciare sole le famiglie che hanno accolto. Anche se la maggior parte dei profughi ha preferito lasciare l'Italia. Di quegli oltre 200 ne sono rimasti solo una quarantina.

Profughi in "fuga" dall'Italia

"Ho portato in Brianza oltre 200 profughi, altri ne stanno arrivando e molti altri ne continueranno ad arrivare - spiega -. Perché, non dimentichiamolo, la guerra in Ucraina anche se non è più notizia da prima pagina continua a fare morti, feriti e soprattutto tanta miseria. La pace non è dietro l'angolo". Non sono stati mesi facili per D'Antuoni e per le famiglie che a Monza e in Brianza hanno aperto le porte delle loro case a chi scappava dalla guerra. "Dopo l'entusiasmo iniziale siamo stati lasciati soli - prosegue -. Non arrivano aiuti né dallo Stato né dai comuni. Dobbiamo spesso alzare la voce o denunciare la mala burocrazia sui giornali o sui social per essere ascoltati e provare a trovare una soluzione". Da qui la decisione di oltre la metà dei profughi di lasciare l'Italia. "Alcuni sono ritornati in Ucrainia, la maggior parte ha preferito andare in Germania e in Polonia dove l'emergenza profughi viene gestita in modo diverso. In quei Paesi ai profughi vengono trovati casa e lavoro".

Tutto sulle spalle delle famiglie

Quell'ospitalità che doveva essere solo una sorta di tappabuco per le prime settimane, nell'attesa di trovare sistemazioni e intraprendere progetti di accoglienza (in primis corsi di lingua), si è in realtà trasformata in abitudine. "Finendo, però, nel dimenticatoio delle persone e delle istituzioni - prosegue -. Da mesi, infatti, tutto è sulle spalle delle famiglie. Ci sono persone, peraltro, che hanno accolto interi nuclei: il che significa spese raddoppiate per le utenze, la spesa settimanale, i vestiti". Poi ci sono i casi più delicati dove - oltre alla semplice accoglienza - la famiglia deve gestire anche eventuali cure mediche (in molti casi oncologiche) con continui trasferimenti negli ospedali. "Il tutto, naturalmente, è a carico delle famiglie - prosegue -. L'unica realtà in Brianza che non ci ha mai abbandonato dall'inizio di questa emergenza è stato l'Armadio dei poveri che, malgrado le scorte in diminuzione e le numerose urgenze sul territorio, non ha mai fatto mancare alle famiglie pacchi alimentari, vestiti e pannolini per i neonati. Poi dopo gli appelli sono arrivati sostegni anche da altre realtà. Il problema, però, è che tutto si basa solo ed esclusivamente sul volontariato. Dalla protezione civile non sono ancora arrivati i bonus promessi, e le persone che prima donavano sapendo dei contributi delle istituzioni annunciati ma ad oggi non ancora concretizzati hanno smesso di donare". 

La mala burocrazia

Poi c'è il problema della burocrazia. I profughi maggiorenni giunti attraverso la "carovana" dell'avvocato Agostino D'Antuoni vogliono lavorare, ma le aziende fanno slittare i colloqui (e quindi c’è il rischio di perdere posti di lavoro) fino a quando la persona non ha il permesso di soggiorno. "Alle aziende non basta, anche se la legge lo prevede, il semplice appuntamento per ritirare il permesso di soggiorno. Prima del colloquio vogliono i documenti e le consegne sono a luglio", precisa D'Antuoni. Intanto il governatore Attilio Fontana, come riportato da MilanoToday, ha lanciato un appello: "Stanno arrivando in Lombardia 100mila profughi dell'Ucraina, servono hotel e bed and breakfast". 

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