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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Rosy spegne la 60esima candelina: il miracolo della "ragazza" down monzese

È una delle persone con la sindrome di down più longeve della Brianza

Rosy ride sempre. Un sorriso contagioso che da 60 anni riempie la vita della sua famiglia. Rosy tra pochi giorni festeggerà un compleanno da record. Perchè, per una persona con la sindrome di down, raggiungere quella soglia è un "miracolo". Soprattutto per la generazione di Rosy.  Una storia carica di emozioni e di difficoltà quella che ci racconta Antonella Crippa, la sorella di Rosy. Per Antonella, avvocato monzese, Rosy resta sempre la sorella maggiore, una sorella speciale che anche grazie alla sua disabilità le ha insegnato a guardare il mondo con occhi diversi. Rosy il 20 aprile spegnerà la sua 60esima candelina con una grande festa al Centro diurno di via Silva dove, dagli altri utenti, viene considerata la "nonna" del gruppo. "Perchè biologicamente Rosy è cose se fosse una donna di 90 anni - spiega Antonella -. Una donna che negli ultimi anni inizia a sentire gli acciacchi dell'età, ma il suo cuore e il suo sorriso sono quelli di una bambina".

"La sua bambina è nata male"

Eppure non è stato semplice. Fin dal primo vagito all'ospedale San Gerardo di Monza dissero alla mamma di Rosy che la sua bambina "era nata male". I medici lasciarono poche speranza alla famiglia Crippa: Rosy avrebbe raggiunto al massimo i 20 anni di età e non sarebbe mai stata "normale". "Mia sorella è vissuta così a lungo perchè è stata curata e amata - continua Antonella -. I miei genitori hanno dedicato tutta la vita a lei e sono stati tra i primi a portarla in giro, a cercare scuole, istituti, a pensare al futuro di Rosy. Mia mamma ha partorito nella stessa settimana in cui santa Beretta Molla ha dato alla luce al San Gerardo la sua bambina. Dopo poco è morta. Io alla mia mamma ricordo che lei, ogni giorno della sua vita, ha donato la vita a Rosy".

"Tutti la fissavano"

Una bambina speciale cresciuta nella Monza degli anni Sessanta e Settanta quando ancora non c'erano le associazioni e le attività che oggi esistomo a sostegno della socialità e dell'intregrazione (anche lavorativa) di queste persone. E non c'erano neppure aiuti per le famiglie. "Non era facile portare a passeggio Rosy. Molti si fermavano a fissarla, ad additarla e più di una volta mia mamma chiedeva che cosa ci fosse di tanto speciale per non abbassare lo sguardo dalla sua bambina. La portavano fino al Parco a piedi dove arrivava il pullmino che accompagnava Rosy all'istituto dove entrava il venerdì sera e usciva il lunedì mattina". 

"Un figlio così era una punizione di Dio"

Non sono stati anni facili, nè per Rosy nè per la sua famiglia. Accanto ai muri della burocrazia e dell'ignoranza culturale, c'erano anche i problemi fisici che la disabilità portava. E quel sentirsi continuamente dire che intanto per Rosy non c'erano vita e futuro. "I miei genitori non si sono mai arresi. Rosy poi ha iniziato a frequentare i centri diurni, è stata seguita, curata, amata. I miei genitori sono andati avanti, superando le umiliazioni perchè all'epoca un figlio down veniva considerato una punizione di Dio. Hanno bussato a tante porte e la maggior parte sono rimaste chiuse. Ma loro, sono andati avanti". E adesso alla vigilia dei 60 anni di Rosy la sorella ha deciso di festeggiare questo traguardo, ricordando i passi in avanti fatti dalla scienza, dal mondo del volontariato, del sociale. Ma non basta. "Il problema non è quando nasce un bambino con disabilità. Il problema è quando i genitori vengono lasciati soli e devono pensare al dopo di loro, vivere l'esclusione, la società grezza, ignorante e arida. Anche se, fortunatamente, ci sono anche belle storie come quelle del gruppo DAMA dell'ospedale San Paolo di Milano con medici straordinari che riescono ad entrare in empatia con queste persone, anche con quelle che non riescono a comunicare il loro dolore fisico". 

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