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Sabato, 20 Aprile 2024
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La Reggia di Monza si illumina di viola

Mercoledì 19 maggio Monza aderisce alla Giornata mondiale delle malattie infiammatorie croniche intestinali

Dopo l'arcobaleno contro l'odio e i diritti di tutti, il viola. Mercoledì 19 maggio si celebra la Giornata mondiale delle malattie infiammatorie croniche intestinali e la Reggia di Monza sarà Illuminata di viola (colore simbolo di queste patologie) per sensibilizzare e informare l’opinione pubblica sulla condizione delle persone che convivono con la malattia di Crohn e la colite ulcerosa.  Le malattie infiammatorie croniche intestinali, spesso invalidanti, affliggono 250.000 persone in Italia.

L’Amministrazione Comunale ha accolto l’invito di Anci e dell’associazione «M.I.Cro. Italia ODV», che rappresenta tutti i pazienti affetti di malattie infiammatorie croniche intestinali, perché "riteniamo importante partecipare alla campagna di sensibilizzazione nei confronti di una serie di patologie molto diffuse e invalidanti, su cui è necessario fare opera di informazione, di prevenzione e di consapevolezza", spiega il Sindaco Dario Allevi. Oltre 4 milioni di malati nel mondo.

Le malattie infiammatorie croniche intestinali (in inglese «IBD», cioè «Inflammatory bowel disease») incidono pesantemente sulla vita delle persone che ne sono affette, fino a compromettere la vita lavorativa e familiare. Colpiscono gli adulti, uomini e donne indistintamente, soprattutto tra i 20 e i 30 anni, ma sempre più spesso insorgono in età pediatrica. Nel mondo colpiscono tra i 4 milioni e i 6 milioni di persone. Le «IBD» sono malattie a causa sconosciuta. L’ipotesi prevalente è quella di una reazione immunologica abnorme da parte dell’intestino nei confronti di antigeni (per esempio batteri normalmente presenti nell’intestino).

Questo squilibrio immunologico può instaurarsi per un’alterata interazione tra fattori genetici propri dell’individuo e fattori ambientali. Le malattie infiammatorie croniche intestinali presentano una certa «familiarità», ovvero la tendenza ad un maggior rischio nei parenti delle persone affette, ma non sono malattie ereditarie.

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