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Cronaca Barlassina

Rivendeva dispositivi per la rianimazione dell'ospedale: farmacista e imprenditore brianzolo arrestati

In manette dottoressa 59enne di Saronno ed imprenditore 49enne di Barlassina. I due sono stati arrestati da carabinieri e guardia di finanza, su ordinanza del gip di busto Arsizio, con l’accusa di peculato in concorso e, per l'uomo, autoriciclaggio

Effettuava ordini relativi a dispositivi medici, in particolare attrezzature necessarie ai reparti di rianimazione fondamentali nei mesi dell'emergenza Covid, ma quei supporti medicali tra le corsie dell'ospedale di Saronno non arrivavano mai. Ma finivano nei magazzini di una ditta specializzata di proprietà di un 49enne di Barlassina che li acquistava dalla dirigente della farmacia del nosocomio, una 59enne di Saronno, e poi li rivendeva ai clienti, in alcuni casi altri ospedali ignari di tutto. Con una regolare fattura.

A scoprire che cosa accadeva all'interno dell'ospedale di Saronno sono stati i carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo di Varese e i Finanzieri della Compagnia della Guardia di Finanza di Saronno che hanno iniziato a indagare dopo la segnalazione arrivata dai vertici delle farmacie ospedaliere dell’ASST Valle Olona che lo scorso mese di novembre avevano rilevato una serie di ordinativi anomali partiti dalla farmacia ospedaliera di Saronno a firma della dirigente indagata. 

L'indagine si è conclusa con l'esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Busto Arsizio nei confronti della donna, 59 anni, di Saronno, farmacista dirigente presso l’Ospedale cittadino e di un 49enne di Barlassina, amministratore di una società specializzata nella vendita di dispositivi medici. Per entrambi il reato contestato è peculato in concorso. L’uomo dovrà rispondere anche di autoriciclaggio.

VIDEO | La consegna delle attrezzature "rubate"

Grazie alle indagini condotte dai militari dell'Arma e dalle Fiamme Gialle si è scoperto che la dottoressa acquistava presidi medici facendoli apparire come ordini effettuati nell’interesse e per conto dell’ospedale – addebitandone dunque i costi all’ente pubblico – mentre successivamente li consegnava all’imprenditore indagato che, a sua volta, attraverso la società, li rivendeva ad altri clienti, molto spesso altri ospedali pubblici, ignari della provenienza illecita.
Proprio in virtù del suo incarico la dirigente farmacista riusciva a efefttuare ordini pilotati accedendo liberamente ai fondi dell’Ospedale di Saronno per acquistare materiale sanitario (lame e batterie per laringoscopio) in quantità superiore al necessario per poi rivenderlo. L'imprenditore poi riceveva il materiale all'esterno dell'espodale dove la dottoressa glielo consegnava in scatoloni "anonimi". I dispositivi poi, attraverso la società, venivano rivenduti con regolare fattura, così da reintrodurre nel circuito “legale” i beni in questione, provento del reato di peculato.

Le lame e le batterie per i laringoscopi destinate al funzionamento di apparati indispensabili per intubare i pazienti in un periodo di emergenza sanitaria legata all'epidemia di coronavirus, in alcune occasioni non venivano deliberatamente consegnate ai reparti di anestesia che ne avevano necessità, per essere invece rivendute all'imprenditore. 

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