Medico esce dall'ambulatorio e trova l'auto imbrattata di feci: "Un gesto che fa male"
La trovata incivile ha colpito la vettura della dottoressa Elisabetta Comelli, storico medico di famiglia a Bovisio
E' uscita dallo studio medico dopo tredici ore di lavoro, trascorse ininterrottamente ad assistere pazienti alle prese con il covid. E quando è arrivata davanti alla sua auto non ha nemmeno potuto aprire la portiera per salire a bordo e tornare a casa: qualcuno aveva spalmato delle feci sul parabrezza, imbrattando tutto il vetro, e su entrambe le maniglie degli sportelli dell'abitacolo. Un gesto consapevole, forse una ritorsione.
E sotto il veicolo, abbandonati, un paio di guanti in lattice blu. Gli stessi che ogni giorno indossano anche i medici e altri professionisti sanitari per interfacciarsi con i pazienti in tempo di pandemia. Indossati da qualcuno che non ci ha messo la faccia e ha lasciato un messaggio forse con l'unico linguaggio che sapeva usare.
"Sono uscita dopo una giornata infinita in ambulatorio e ho trovato una brutta sorpresa" racconta la dottoressa Elisabetta Comelli, 62 anni, medico di famiglia che assiste i pazienti a Bovisio Masciago da 38 anni. Professionista storica, stimata dai suoi assistiti che adesso è rimasta attonita di fronte a quanto accaduto martedì sera.
Feci sull'auto della dottoressa
"In tutta la mia carriera non mi è mai capitata una cosa simile e durante la giornata non avevo avuto alcun problema con i miei pazienti anche se l'inciviltà purtroppo in questi tempi di pandemia è diventata una routine" spiega. Lo studio medico di via Bertacciola ospita cinque dottori supportati da due segretarie che ogni giorno purtroppo vengono bersagliate di lamentele per le difficoltà che incontrano nel reperire i professionisti. E alcune non sono sempre rispettose e dai toni pacati. "Purtroppo i pazienti non hanno percezione di quello che facciamo nell'arco della giornata e noi ogni giorno assistiamo più di un centinaio di persone al telefono. Abbiamo dalle 100 alle 150 telefonate quotidiane e a volte si arriva anche a 180. Solo ieri la nostra segreteria ha registrato 250 contatti whatsapp".
E a rimetterci è stata soprattutto l'attività ambulatoriale: "Non riusciamo più a fare nulla di clinico e per assurdo, tra il carico di lavoro burocratico per l'iter di segnalazione che Ats ci ha demandato e le prenotazioni dei tamponi, non abbiamo più tempo per visitare le persone". Una situazione di emergenza, con difficoltà nuove insorte con l'acuirsi della curva dei contagi della pandemia, che forse qualcuno non ha compreso.
"Mi sono spaventata e sentita avvilita"
"Mi sono sentita spaventata, arrabbiata e avvilita. E poi è stato tutto un susseguirsi di emozioni e di paure" ricorda la dottoressa Comelli che martedì sera, quando si è ritrovata da sola, al buio con quella manciata di odio sull'auto non si è data per vinta e ha chiamato il marito che con sgrassatore e guanti al seguito, l'ha aiutata a pulire tutto. "Andrò a denunciare l'accaduto perchè non credo sia stata una bravata: la mia macchina era la prima di una fila di altre vetture ed era l'unica parcheggiata proprio sotto un lampione. Se avessero voluto scherzare avrebbero colpito altre auto e non illuminate". E ancora: "Ieri ho avuto paura e per questo ho scelto di non restare lì da sola perchè magari chi aveva fatto questo poteva essere lì ad aspettarmi".
Sempre in prima linea, anche durante la pandemia e al fianco dei suoi pazienti da 38 anni, a fare più male alla dottoressa Comelli è stata la viltà del raid incivile: "Avrei preferito che se qualche mio paziente avesse avuto un messaggio per me - e quello che ho trovato sull'auto era chiaro - me lo avesse detto in faccia. Un gesto del genere fa male".