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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

"Se mi lasci ti brucio viva", quell'amore malato di violenza e la forza di denunciare

Nove anni di violenze, insulti e minacce poi il coraggio di chiedere aiuto

"Devo stare attenta ai movimenti che faccio. Non posso piegarmi e non posso fare sforzi". Anna mentre racconta i segni del dolore che si porta addosso mostra anche le ferite dell'anima. Quelle che ancora sanguinano lacrime. E che sarà difficile vedere rimarginarsi presto.

Quando l'altra sera, in un comune della Brianza, dopo l'ennesimo ratpus di violenza del compagno rientrato a casa ubriaco, ha preso il telefono in mano, sfuggendo alla furia dell'uomo ha composto di fretta il 112 e ha chiesto aiuto. In lacrime, con il cuore in gola che batteva all'impazzata e in sottofondo le urla, gli insulti e le minacce che le piovevano addoso insieme ai soprammobili e ai piatti che ha schivato. Una discussione nata dal nulla, da una gelosia immotivata che in poco tempo ha fatto precipitare la situazione. 

"Ero orgogliosa della gelosia: mi amava troppo"

"Inizialmente ero orgogliosa che fosse geloso, interpretavo quel sentimento come troppo amore. Ma in realtà mi aveva esclusa dal mondo reale: non potevo fare nemmeno una telefonata, esisteva solo lui". Anna, cinquant'anni, un matrimonio alle spalle con un ex marito che l'aveva aggredita all'asilo, scaraventandola giù per le scale e rompendole un braccio, ha dedicato la sua vita a sua figlia. Poi, dopo la delusione di un amore finito, un nuovo incontro. E questa volta tutto sembrava diverso. 

"Ho perso la mia personalità, la mia dignità, il mio amor proprio. Ogni volta ho sempre pensato di sbagliare io, di doverlo aiutare. E mi colpevolizzavo. E poi chiedeva scusa, in ginocchio, piangendo. Una volta mi ha detto: Se mi lasci ti brucio viva. E ancora ti spezzo le gambe".

Poi l'altro giorno la stessa scena: ore davanti al piatto pronto ad aspettare che tornasse. Un litigio condito da minacce e insulti pesanti. Le stoviglie lanciate contro il muro. Lui che esce sbattendo la porta e lei che per ore lo cerca in ogni bar e in ogni angolo fino a riportarlo a casa ubriaco, tanto da addormentarsi in auto. "Ogni volta avevo il terrore di come si potesse svegliare: era sempre un grandissimo punto interrogativo e dipendeva dalla dose alcol" racconta Anna. E l'altro giorno quando ha aperto gli occhi è stato peggio delle altre. "Ha iniziato a sbattere i tappeti, ha rovesciato le taniche di vernice, ha mandato in pezzi i vasi, scheggiato le porte e rotto il vetro della finestra". 

"Ho schivato calci e posaceneri, schiaffi. Poi mi ha afferrato con forza e nonostante io cercassi di rabbonirlo mi ha sbattuto al muro, senza fermarsi" racconta Anna che poche ore dopo, in ospedale, ha fatto i conti con due costole rotte. "E' stato in quel momento che ho chiesto aiuto, con un dolore atroce nel cuore e le palpitazioni". E in pochi istanti a casa della coppia si sono precipitati i carabinieri che hanno arrestato l'uomo e portato alla luce, ascoltandola, anni di maltrattamenti e botte.

"Non sono stati solo carabinieri ma fratelli: da chi è arrivato a casa da me fino al maggiore che con attenta pazienza mi ha ascoltato. Io ho visto una famiglia, disponibile e pronta ad aiutarmi. E la preoccupazione che leggevo nei loro occhi era umana, non solo professionale". 

Il coraggio di denunciare

"Sono cose che non devono succedere e il mio consiglio è di fermarsi subito, la prima volta in cui si percepisce qualcosa che non va. E di non giustificare anche se si è innamorati, non mettere i paraocchi come i cavalli" spiega Anna. "Nel momento in cui manca il rispetto e arrivano le bugie è tardi. Bisogna svegliarsi dall'oblio e prendere le redini in mano e non far correre". Una storia e una testimonianza forte che vuole essere un monito e una mano tesa per aiutare tutte le altre donne in difficoltà. Anche se denunciare e chiedere aiuto non è facile. E a confermarlo è anche chi ogni giorno prova ad ascoltare e guarire il dolore delle vittime di maltrattamenti.

"Colpevolizzarsi è un sentimento comune delle donne vittime di violenza che focalizzano su se stesse ciò che succede. Capita quando si travisa ciò che significa amare. Se si ama si desidera che l'altra persona sia libera, serena e realizzata. L'amore non si manifesta ingabbiando. E' come se le donne fossero chiuse in un bozzolo, tenute prigioniere dal mondo e isolate da tutti i legami familiari e amicali. E la donna diventa quasi come una mummia, con le bende sugli occhi. Quasi senza vedere più" spiega Anna Levrero, presidente del Cadom di Monza, il centro di aiuto per donne maltrattate.

"Trovare il coraggio di denunciare è un passaggio difficile perchè significa riconoscere pubblicamente che il progetto di vita con una persona è fallito e che quesi sogni di vita si sono infranti". Ma nonostante le ferite - del corpo e dell'anima - si può amare ancora. Iniziando da se stesse. 

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Ricominciare da se stesse significa anche cercare una autonomia economica e personale. Anna ora è in cerca di lavoro e chiunque abbia un impiego da proporle può scrivere alla nostra redazione per essere messo in contatto con lei: monzatoday@citynews.it. 

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