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Cronaca

"Fuorigioco", indagine della GdF scuote il calcio: indagato anche Galliani

Contestata una truffa da 12 milioni ai danni dello Stato. La Guardia di finanza martedì mattina ha eseguito un decreto di perquisizione e sequestro nei confronti di cinquantotto persone, coinvolti anche Galliani, Crespo e De Laurentiis

Un giro losco, o presunto tale, di favori scambiati tra calciatori, procuratori e società, tutti conniventi tra loro. Un giochino, andato avanti per quattro anni, che ha permesso agli indagati di non versare al Fisco italiano dodici milioni di euro, tutti finiti “fuorigioco”.

E’ stata proprio l’operazione “Fuorigioco”, coordinata dalla procura di Napoli, a scoperchiare il vaso di Pandora sul calcio italiano, protagonista - almeno in parte - di una maxi evasione ai danni dello Stato. Un terremoto, l’ennesimo, scuote il mondo del calcio. Martedì mattina, la Guardia di Finanza ha eseguito in diverse province italiane un decreto di perquisizione e sequestro nei confronti di cinquantotto persone, tra cui presidenti e calciatori di squadre di serie A e serie B e diversi procuratori.

Tra gli indagati, infatti, figurano l’amministratore delegato del Milan, il monzese Adriano Galliani, l’ex calciatore di Milan e Inter, Hernan Crespo, il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, il numero uno di Lazio e Salernitana, Claudio Lotito, l’ex dirigente della Juve Jean-Claude Blanc, Ezequiel Lavezzi, ex Napoli e ora in forza al Psg, e il figlio di Alessandro Moggi, Luciano, famoso procuratore.

“Nei confronti di alcuni calciatori e dei procuratori coinvolti nell’indagine - si legge in una nota della procura - la guardia di finanza sta eseguendo anche perquisizioni presso le abitazioni e gli altri luoghi nella loro disponibilità, con lo scopo di rinvenire eventuale documentazione bancaria e contrattualistica afferente ai fatti illeciti contestati”. Le fiamme gialle, secondo quanto si apprende, in mattinata hanno visitato anche gli uffici di casa Milan in via Aldo Rossi. L'inchiesta, condotta dai pm della procura di Napoli Danilo De Simone, Stefano Capuano e Vincenzo Ranieri, coordinati dal procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli, ha permesso di “accertare l’esistenza di un radicato sistema finalizzato ad evadere le imposte posto in essere da trentacinque società calcistiche di serie A e B, nonché da oltre un centinaio di persone fisiche, tra calciatori e loro procuratori”.

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Sarebbero proprio loro, società, calciatori e procuratori, i responsabili di un giro di false fatture, emesse con il solo obiettivo di truffare il Fisco. “E’ stato appurato - si legge negli atti - che i procuratori provvedevano a fatturare in maniera fittizia alle sole società calcistiche le proprie prestazioni, simulando che l’opera di intermediazione fosse resa nell’interesse esclusivo dei club, mentre di fatto venivano tutelati gli interessi degli atleti. Le società, da parte loro, approfittavano dell’indebito vantaggio di potersi completamente dedurre dal reddito imponibile queste spese, beneficiando altresì della detrazione sul valore aggiunto relativa alla pseudo prestazione ricevuta in esclusiva”.

Il trucco - evidenzia la procura - consentiva “ai calciatori di non dichiarare quello che sostanzialmente era un fringe benefit riconosciuto agli stessi dalla società, che si accollava, a vantaggio dell’atleta, anche la spesa per l’intermediazione”. Sostanzialmente: i procuratori fingevano di lavorare per le società, permettendo a queste ultime di aumentare la cifra detraibile sulle false fatture emesse. Inoltre, gli stessi club potevano così cancellare dai costi il pagamento delle ritenute fiscali e previdenziali sul maggior reddito lordo che avrebbero dovuto versare ai calciatori.

Nell’indagine è stato anche appurato che alcuni agenti stranieri, di nazionalità argentina, “delocalizzavano i proventi derivanti dalle citate attività professionali mediante il ricorso a documentazione fiscale e commerciale fittizia e attraverso l’interposizione di società schermo con sede anche in paradisi fiscali”. La procura, al termine dell’indagine, ha disposto un sequestro di beni per oltre 12 milioni di euro per - si conclude la nota - “tutelare le casse dello Stato, facendovi rientrare le somme che illecitamente erano state sottratte al Fisco dagli indagati”.

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