Storia di Riccardo, poeta metropolitano tra parole e call center
Le storie di Monza Today - Riccardo è un giovane artista di Muggiò. L'arte? La sua passione. Ma la vita è un'altra storia, e per vivere lavora sodo. In un call center
MUGGIO' - La strada per Vimodrone dura un'ora e mezza. A volte piove, d'inverno può capitare che nevichi. D'estate c'è il sole, ma gli alberi in fiore non ci sono. Normale, se l'autobus serpenteggia per le strade che vanno fino a Cinisello. A Sesto c'è il metrò, poi Milano.
Ci sono però le persone. Ognuna una storia, uno sguardo. Un vissuto, che cogli dall'occhio, da un dettaglio. Immaginare, ricostruire, osservare. Così a Riccardo passa quell'ora e mezza. Poi Loreto, altro metrò, e il solito call center.
Riccardo è un poeta, un poeta metropolitano. Di quelli che non hanno davanti paesaggi bucolici, suggestioni di colli o scogliere a strapiombo, ma vivono di momenti in bianco e nero. Senza grilli per la testa, con la normalità di un qualunque abitante della megalopoli, si aggira per il mondo in cerca della sua occasione, e di uno spunto. Intanto lavora sodo. Il mito bohémienne dell'artista maledetto se lo lascia alle spalle quando chiude la porta di casa e si confronta con il traffico della città, il freddo, il capoufficio o la busta paga alla fine del mese. Il telefono squilla, il telefono chiama, e quegli attimi sono sottratti all'arte. Ma sono vitali quanto l'arte, e lui lo sa.
Ha fatto il fotografo, per cinque anni teatro, è approdato alla scrittura, anche se le parole dalla penna hanno cominciato a uscire da tanto. E' solo questione di trovare la propria strada. Lui ha provato a ingegnarsi, a vendere la sua arte componendo su commissione. Clienti? Una ragazza, poco più che adolescente, che gli ha richiesto un'ode senza essersi mostrata nemmeno una volta. Valli a capire, i giovani d'oggi.
Si dice che negli anni '50 l'Olivetti abbia dato all'Italia più intellettuali di qualunque altra istituzione o università: gli scrittori finivano tutti lì, in attesa di gloria che sarebbe in molti casi arrivata tardi. Noi a Riccardo auguriamo di fare in fretta. Il posto dell'Olivetti, intanto, lo hanno preso i call center.
Proponiamo qui sotto una poesia di Riccardo De Benedetti
UN VOLTO
E' come un lampo questo gioco di sguardi
ritrovati e persi ogni mattina sull'autobus:
salgo e cerco da due mesi un volto
il tuo
dove la mano è straniera
e le carezze rifugiate politiche.
Amore a prima vista e a piccoli passi
per crollare un po' alla volta e per sempre lì
nei tuoi occhi pakistani o sui contorni d' henné.
Ma le nostri origini sono nemiche
in quella mezz'ora in cui non parlano
ed io crollo per te come una torre sventrata
o sogno da un mese di scoprirti il viso.
Ma tu non mi concedi di sederti accanto
così incrocio il tuo profilo nei momenti morti:
le mani da un guanto sguaiato
i capelli da una ciocca ribelle
il sorriso dalle ciglia corte.
Il tuo hijab me lo sento addosso io
come una camicia di forza che mi stringe a te
che un giorno sposerai un ragazzo della tua origine
con cui a Milano pregherai Allah per la felicità.
Io resterò solo, e un giorno o l'altro
perderò questo piccolo gioco
questa missione di guardarti e non toccarti
o di proteggerti con il mio amore
finché un imam non ci separi.
(Riccardo De Benedetti)