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Sabato, 20 Aprile 2024
L'indagine

L'incontro con la escort (e il ricatto) che ha coinvolto anche la sanità monzese

Sei arrestati legati alla 'ndrangheta: si erano infiltrati nell'emergenza covid fornendo tamponi e materiale sanitario, e 'drenavano' il patrimonio di società in via di fallimento

Acquistavano società dissestate e le portavano al fallimento dopo averle svuotate del patrimonio (con danni ai creditori, tra cui l'Erario). E si erano infiltrati nella sanità lombarda, sfruttando l'emergenza covid per fare affari. Sei persone sono state ora arrestate dalla guardia di finanza di Varese e Milano nell'ambito di un'indagine coordinata dalla direzione distrettuale antimafia della procura milanese (pm Alessandra Cerreti e Silvia Bonardi). Indagine a cui hanno preso parte anche i carabinieri milanesi del Nas. 

Si tratta di persone legate alla 'ndrangheta, in particolare alle cosche di Legnano, Lonate Pozzolo e Vibo Valentia. I clan acquisivano le società dissestate e 'drenavano' i loro patrimoni trasferendoli (sotto forma di pagamenti di fatture per operazioni inesistenti) ad altre aziende riconducibili agli arrestati, con sede anche all'estero. In questo modo creavano un danno ai creditori, primo tra tutti l'Erario, a cui non venivano versate le imposte. Secondo i calcoli degli investigatori, gli indagati si sarebbero impossessati di un patrimonio totale di oltre 4 milioni di euro dai conti correnti di tre società, dichiarate fallite dai tribunali di Monza, Bergamo e Milano. Inoltre uno degli arrestati era direttamente impegnato nel mantenimento finanziario di alcuni elementi di spicco delle 'locali' di 'ndrangheta di Lonate Pozzolo e Vibo Valentia, procurando anche falsi contratti d'assunzione ai familiari dei criminali.

Prestazione sessuale per ottenere fornitura

Durante l'indagine è anche emerso che i clan avevano "interessi ramificati nel settore della sanità lombarda", in particolare a riguardo dell'emergenza covid: avevano organizzato forniture di materiale sanitario (camici e mascherine) e tamponi da parte di soggetti non autorizzati. L'inchiesta è partita nel mese di dicembre del 2020 proprio sulla gestione dei tamponi covid ai giocatori del Monza, che sarebbero stati eseguiti da Gianluca Borelli (tra gli indagati), che non è un medico.

Secondo l'accusa, Borelli e il fisiatra Cristiano Fusi (che lavora alla clinica Zucchi di Monza e alla clinica Madonnina di Milano, ed in passato è stato medico sociale del Milan) avrebbero organizzato un incontro all'hotel Westin Palace di Milano tra una prostituta marocchina e un dirigente della Zucchi, spendendo 500 euro, per poi usarlo come strumento di ricatto: "Da oggi il principino è sotto scacco", commentavano tra loro. 

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