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Cronaca

Presunte violenze contro detenuto in carcere, agenti della polizia penitenziaria a processo

L'episodio risale al settembre del 2019. "I fatti sarebbero avvenuti nel corridoio della sezione dove il detenuto sarebbe stato preso a calci e pugni" spiegano dall'Associazione Antigone che ha denunciato il caso

Lesioni aggravate, falso, calunnia, violenza privata, abuso d'ufficio e omessa denuncia. Queste le accuse di cui - a vario titolo - dovranno rispondere tre agenti della polizia penitenziaria di Monza e un ispettore rinviati a processo per un presunto episodio di violenza ai danni di un detenuto all'interno della casa circondariale del capoluogo brianzolo.

I quattro sono stati rinviati a giudizio e il processo prenderà il via a metà novembre. L'episodio sarebbe in parte stato ripreso dalle telecamere installate nella casa circondariale. Sarebbe invece stata richiesta l'archiviazione per il reato di tortura, relativa però a un altro episodio.

Calci e pugni nel corridoio

"Il caso - spiega Simona Filippi, avvocato dell'Associazione Antigone che segue questi casi - fu portato a conoscenza di Antigone nell'agosto del 2019, quando venimmo contattati dal fratello dell'uomo che raccontò di una violenta aggressione fisica ad opera di diversi agenti di polizia penitenziaria. I fatti sarebbero avvenuti nel corridoio della sezione dove il detenuto sarebbe stato preso a calci e pugni. II 25 settembre presentammo un esposto alla Procura che avviò le indagini. Antigone si è costituita anche parte civile nel procedimento". 

"Nei giorni in cui è esploso il caso delle violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, quello che arriva da Monza è un altro segnale importante di come non ci debba essere spazio per l'impunità davanti ad episodi di questo tipo - dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. Ora attendiamo l'inizio del processo penale che, anche in questo caso, dovrà stabilire cosa accadde nell'istituto di Monza. Come sempre, ci auguriamo che anche in questo caso il governo si costituisca parte civile per dare un segnale forte a tutti gli operatori penitenziari, soprattutto a coloro che ogni giorno svolgono il proprio lavoro nel rispetto della Costituzione e quindi della dignità dei detenuti. Segnale - conclude Gonnella - arrivato dall'Amministrazione Penitenziaria che, nel caso specifico, ha collaborato affinché si accertassero i fatti".

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