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Caritas, in dieci anni i poveri sono aumentati del 400%

A causa della crisi economica continuano a crescere le persone bisognose di assistenza, e in dieci anni sono aumentati di quattro volte i poveri cronici nella diocesi di Milano: i dati nell'undicesimo rapporto della Caritas ambrosiana

MONZA -  Chi "diventa" povero ci rimane più a lungo, e  a volte non basta neanche trovare un lavoro per uscire dalla spirale. A causa della crisi economica continuano a crescere le persone bisognose di assistenza, e in dieci anni sono aumentati di quattro volte i poveri cronici nella diocesi di Milano. I dati sono raccolti nell'undicesimo Rapporto delle povertà della Caritas ambrosiana, che ha tracciato un identikit delle 16.751 persone che nel 2011 si sono rivolte ai centri di ascolto e servizi su un territorio che dalla provincia di Milano si estende fino a Varese, Monza e Lecco: il 73.5% del totale è composto da stranieri, tre quarti delle persone incontrate sono in età lavorativa e due terzi sono donne.

I DATI DEL 2011 - In particolare nel 2011 gli utenti sono aumentati del 6% rispetto al 2008, primo anno della crisi, con un aumento significativo dei poveri cronici, che si rivolgono per almeno due anni consecutivi alla rete di assistenza della Caritas. Secondo quanto emerge dal rapporto, chi rientra nel circuito dell'assistenza ci rimane più a lungo rispetto al passato, e gli stranieri si integrano con sempre maggiore difficoltà. il lavoro è il problema principale per il 62% degli utenti che nel 2011 si sono rivolti ai servizi di assistenza Caritas.

SMART CITY ANCHE PER I POVERI -  «A causa della crisi ci troviamo di fronte ad aumento dei bisogni e ad una drastica riduzione di risorse. Dentro questa tenaglia stanno per essere stritolati i diritti di cittadinanza di una consistente fascia di popolazione», ha commentato il direttore di Caritas Ambrosiana, don Roberto Davanzo . «Ci rincuora però vedere che sul territorio, dentro le nostre comunità stanno già nascendo proposte di aiuto e sostegno incentrate sulla gratuità e la solidarietà – ha continuato il sacerdote -. Ci auguriamo che anche le pubbliche amministrazioni sappiano guardare ad esse non come semplici buone prassi, ma come piccoli mattoni di un nuovo tipo di welfare. Perché siamo convinti che le smart city, le città tecnologicamente avanzate, ecologicamente sostenibili, promosse anche dai programmi di sviluppo europei non potranno nascere se nel frattempo non costruiremo anche delle smart community, comunità più inclusive, capaci di creare percorsi di condivisione della cittadinanza, e quindi di essere più coese.

 

 

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