Frode fiscale per 34milioni di euro: coinvolta anche la Brianza
Sequestrati oltre 260 mila euro in contanti, carte di credito e orologi di valore
Frode fiscale per 34milioni di euro: sequestrati 260mila euro in contanti, 40 carte di credito; eseguite tre ordinanze di custodia cautelare in carcere e e varie perquisizioni.
Nella maxi operazione della guardia di finanza di Varese, coinvolti anche alcuni brianzoli. L'operazione, diretta dalla Procura della Repubblica di Busto Arsizio, ha visto i militari delle fiamme gialle eseguire perquisizioni nelle provincie di Varese, Milano, Brescia, Como, Monza e Brianza, Lodi, Pavia, Novara, Treviso e Agrigento.
Nel corso dell'operazione sono state perquisite aziende e abitazioni con il supporto di tre unità cinofile cash-dog, con l’ausilio di scanner di ultima generazione che rileva la presenza di denaro contante appositamente occultato. Durante la ricerca sono state trovate oltre 40 carte di credito usate per ritirare il contante e, nascosti in un’intercapedine, 260mila euro in contanti, insieme ad orologi di pregio quali Rolex e Cartier.
Due anni di indagine per ricostruire una frode fiscale che, attraverso la costituzione di società “cartiere”, ha permesso agli indagati di emettere ingenti volumi di fatture per operazioni inesistenti. Gli stessi, ricevuto il pagamento, hanno successivamente provveduto a retrocedere il denaro in contanti ai propri “clienti” beneficiari delle fatture false, dietro una provvigione dal 5% all’8% dell’imponibile indicato in fattura.
Sono 70 le aziende sotto indagine che, dal 2017 al 2021, hanno beneficiato complessivamente di 30milioni di euro di fatture per operazioni inesistenti oltre all’iva indebitamente detratta per 4milioni di euro.
Gli investigatori sono riusciti a individuare tempestivamente l’alert di inquinamento del particolare settore economico-finanziario caratterizzato da un’operatività anomala per alcune delle società missing traders che limitavano la propria esistenza "cartolare" a un periodo di tempo brevissimo e strettamente funzionale a creare l’evasione di cui beneficiavano “i clienti” della cartiera medesima, per poi sparire senza lasciare alcuna traccia.
Gli indagati hanno standardizzato una prassi contabile ove le fatture fittizie erano giustificative di bonifici bancari ricevuti dai propri “clienti” a cui veniva restituito il denaro contante (corrispondente all’importo indicato nella fattura emessa) al netto di una provvigione variabile costituente il compenso per il “servizio” reso. Il sodalizio, al fine di mascherare il proprio operato reclutava numerosi “prestanome” posti formalmente a capo delle società facenti parte dello schema fraudolento.
Le indagini di polizia economico-finanziaria strutturate con le analisi dei tabulati telefonici, delle indagini bancarie, delle intercettazioni telefoniche e ambientali audio/video e con apparecchiature gps, hanno portato i finanzieri a ricostruire il modus operandi del sodalizio. La metodologia consentiva a società, attive ed operanti in vari settori merceologici, di conseguire indebiti ed ingenti risparmi di natura fiscale deducendo costi e (spesso) detraendo Iva a credito, non spettanti, in quanto generati dall’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.
Tale sistema permetteva anche a soggetti possessori di ingenti quantità di denaro contante, di dubbia provenienza, di ripulire il denaro reinserendolo nel circuito legale.