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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Il sorriso ritrovato dopo anni di umiliazioni e insulti: una nuova vita dopo le violenze

La storia di Anna - nome di fantasia - che dopo nove anni di vessazioni psicologiche è riuscita a liberarsi dal peso della violenza. Ed è rinata come donna, professionista e mamma

Oggi Anna sorride. E i suoi occhi hanno una luce diversa: brillano di coraggio, forza e dignità. Ha ricominciato a truccarsi e a curarsi e non si nasconde più dietro il peso della vita divisa tra figli, casa e umiliazioni quotidiane. E nemmeno da chi ogni giorno, per anni, ha cercato di renderla invisibile, di farla sentire piccola e schiacciarla. 

Ha ricominciato a guidare e a lavorare. E ha coltivato la sua passione e finalmente ora è una pasticcera. E lo sguardo delle sue figlie che la ammirano con addosso il camice e il cappello bianco l'ha illuminata. Quarant'anni, un matrimonio durato più di dieci, segnato da vessazioni, umiliazioni, insulti e continue violenze psicologiche. E anche botte. 

La storia di Anna purtroppo è solo una delle tante. Ma a scrivere il finale - che in realtà è solo un nuovo inizio - è stata lei, con il coraggio di dire basta. "Ho deciso che era il momento di chiedere aiuto quando ho visto i miei figli soffrire e ogni giorno mi sembrava l'ultimo" racconta. Una decisione difficile e sofferta quella di rivolgersi a un centro di violenza e un percorso che, nonostante il supporto delle volantarie del Cadom di Monza che l'hanno accompagnata e seguita, ha avuto momenti di sconforto. "Ho toccato il fondo quando non ho più visto niente e nessuno intorno a me ed ero sola". E oggi per l'ex marito c'è una sentenza di condanna a un anno e otto mesi in primo grado. 

Il coraggio di dire basta

"Mi sono sentita come se non avessi più la terra sotto i piedi, ho sentito un baratro, paura, incertezza perchè non sapevo se ce l'avrei fatta a sostenere il peso dei problemi, dei bambini e tutto il resto". E quel vuoto l'ha trasformato in una vertigine di vita, da cui spiccare il volo per rinascere. Come donna e come madre. E così oggi Anna, guardandosi allo specchio si vede diversa: "Mi sento una donna nuova. Completamente piena di vita e orgogliosa di tutto quello che ho ottenuto in questi anni". 

Per far emergere lo splendore e la forza dal dolore ci è voluto tempo e coraggio. E oggi Anna invita chiunque sia in una situazione in cui soffre a chiedere aiuto perchè cambiare si può e si deve. "Invito le donne in difficoltà come lo sono stata io a essere forti, ad andare avanti perchè ci sarà sempre qualcuno che vi aiuterà". 

I numeri 

In meno di un anno, da gennaio a fine settembre, sono state 169 le donne che a Monza si sono rivolte al Cadom. E 109 di loro lo hanno fatto per la prima volta. "Complessivamente sono state 128 le donne accolte in sede per iniziare un percorso di uscita dalla violenza. Delle 128, 72 stanno ancora frequentando il percorso. Nove lo hanno concluso, mentre 47 l'hanno sospeso o interrotto”. Ancora qualche dettaglio, per inquadrare il fenomeno: il 90% di chi chiede assistenza è di provenienza italiana: per il 65% risiede negli ambiti di Monza e Carate e porta con sé un carico di 169 figli, di cui 114 minori. assistita, il 2% di violenza diretta e il 12% di entrambe le forme.

Aiutare, davvero

A Monza tra i centri antiviolenza del territorio da anni opera anche il Cadom. "In quest'ultimo periodo non abbiamo registrato un aumento di richieste ma i numeri sono costanti e temiamo che questo dato possa essere letto anche come conseguenza del fatto che a causa della pandemia e del lockdown molte donne hanno perso il lavoro e in questa situazione hanno anche meno forza e meno possibilità di uscire dalla violenza" spiega Marilena Arena, presidente del Centro di Aiuto Donne Maltrattate.

"Abbiamo ricevuto tante telefonate di primo contatto ma molte di queste non si concretizzano in un percorso di fuoriuscita dai maltrattamenti come se la donna spinta dalla violenza subita nel lockdown tentasse una fuoriuscita e poi tornasse indietro perchè il contesto non le permette altro". E per non affrontare questo difficile e lungo percorso esiste una rete di supporto sul territorio. Quando chiedere aiuto? "Il prima possibile" spiega Marile Arena. "Molto le donne spesso non hanno consapevolezza delle violenze disumane e insgiuste che subiscono perchè sono in uno stato di confusione, perchè il circolo della violenza spinge a non reagire e a protrarre nel tempo il momento in cui dire basta".

"La modalità più semplice per chiedere aiuto è quella di rivolgersi ai centri antiviolenza tramite una telefonata, una mail o il numero 1522, il proprio medico o il pronto soccorso. I centri antiviolenza come il nostro accolgono in anonimoto, senza giudizio, e si pongono in una reazione al femminile che favorisce il racconto e la consapevolizzazione della donna che subisce violenza. che è una telefonata e un primo passo coraggioso per se stessa e per eventuali figli".

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