"Dalla crisi si esce con ottimismo, occorre la voglia di fare"
Il presidente dell'Unione commercianti di Monza, Giuseppe Meregalli, spiega a MonzaToday le sue ricette per scrollarsi di dosso il momento difficile dell'economia italiana. E sui saldi: "Innegabili gli sconti da settembre in poi"
Dai saldi alla crisi economica. MonzaToday ha sentito Giuseppe Meregalli, che oltre ad essere vicepresidente della camera di commercio è anche il presidente dell'unione commercianti di Monza. Il tema principale dell'intervista è quello dei saldi, una specie di "tormentone" che quest'anno è stato caratterizzato da alcune novità: ad esempio l'idea di fissare, per quasi tutta Italia, la data d'inizio al 5 gennaio evitando così il "pendolarismo" da una regione all'altra.
"Tormentone", però, anche per le usuali polemiche sugli sconti pre-saldi e sui relativi controlli. Intanto escono notizie ambivalenti su cosa ci si aspetta per il 5 gennaio: da una parte si viene a sapere che i lombardi spenderanno più che per Natale, dall'altra che aumentano coloro che non faranno acquisti.
"Una volta - ci spiega Meregalli - saldare significava liberarsi di una scorta. Ora, e soprattutto quest'anno, con la crisi economica di agosto, il significato si è un po' perso. E i commercianti hanno dovuto iniziare a fare sconti subito dopo le vacanze estive".
Ma cerchiamo di chiarire un punto. Qual è il confine tra lecito e illecito negli sconti precedenti ai saldi?
Il saldo è, in sintesi, esporre un cartellino con prezzo iniziale, entità dello sconto e prezzo finale. Questo è obbligatorio durante i saldi, ma a casa sua ognuno fa ciò che vuole. E quindi può fare sconti ai clienti, magari a quelli più affezionati, anche prima della stagione dei saldi. Con la crisi di agosto tutti sono partiti prima di gennaio, per accaparrarsi un mercato che è scarso. Il problema è proprio questo...
Il mercato scarso...
Esatto. Al di là del commercio, si deve parlare di rilancio dell'imprenditoria e del lavoro in generale. Ma come si può parlarne se tutti sono concentrati sulle situazioni negative, che vanno male? Eppure, dai dati economici si evince che in Brianza e in Lombardia non stiamo male rispetto alle regioni europee più forti.
Questo anche se vi sono, pure in Brianza, aziende in crisi.
Certamente, e per chi vi lavora è un grosso problema, ma anche in confronto ai Paesi confinanti gli indicatori della Brianza sono ancora positivi.
Il governo sta tentando la strada delle liberalizzazioni nel commercio.
Sì, e non è la strada per aumentare le vendite. Se un negozio resta aperto di più, non per questo venderà di più: semmai venderà la stessa merce ma spalmata su più ore. Per vendere di più occorre che la gente torni a consumare, e per tornare a consumare occorre che ci siano più posti di lavoro. Ma il rilancio dell'economia e dell'occupazione sono continuamente rimandati.
Parlando della crisi economica del Paese, lei è ottimista o pessimista?
Sono più che ottimista. L'Italia si è formata, negli anni '50 e '60, sulla gran voglia di lavorare. Tutti, dall'operaio al capo dell'azienda, avevano voglia di costruire il futuro senza pensare al (magari scarso) guadagno immediato. Oggi noi guardiamo soprattutto all'economia finanziaria e a quanto guadagniamo nell'immediato. Il punto è scrollarsi di dosso questi momenti e cercare di "fare". Forse bisognerebbe ritrovare lo spirito di quegli anni.
E il governo?
Il governo sta solo toppando le falle, ma se la nave affonda bisogna anche togliere tutta l'acqua. Occorre fare le due cose insieme.