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Economia

I proprietari di case Airbnb ricorrono al Tar contro la Regione: "Norma incostituzionale"

Il ricorso di un'associazione di proprietari fa il paio con quello dell'Avvocatura dello Stato

Non è ancora entrato in vigore il codice identificativo regionale da pubblicare sugli annunci di alloggi dati in locazione a breve, ma fa comunque discutere. Il codice è stato introdotto da una legge regionale che è stata però impugnata al Tar da una associazione di proprietari di alloggi, la Pro Loca Tur. Doveva essere applicato a partire dal 1 settembre 2018, ma era stato poi prorogato per ragioni tecniche al 1 novembre.

La legge (approvata nell'ultima seduta della precedente consiliatura) aveva lo scopo di fornire una "garanzia" al cliente che quella struttura avesse in buona sostanza una "certificazione" a priori. Per ottenere il codice identificativo, il proprietario deve registrarsi su un portale web (che si chiama "Turismo 5") che serve a raccogliere i dati relativi ai movimenti dei clienti degli "esercizi ricettivi".

Di conseguenza, su quel portale ci si può registrare soltanto come gestori di esercizi ricettivi, un'attività ben diversa da quella effettuata da chi, proprietario di un appartamento, lo mette in locazione di breve durata sulla base di un contratto di diritto privato. Secondo Fabio Diaferia, presidente di Pro Loca Tur, l'illegittimità sta proprio in questo: costringe i proprietari a registrarsi (e dichiararsi) per ciò che non sono e non per ciò che sono effettivamente, cioè semplici soggetti che esercitano il proprio diritto di proprietà sull'immobile dandolo in locazione breve. 

"I proprietari non si oppongono ad una rilevazione dei movimenti degli inquilini che soggiornano per brevi periodi nei loro alloggi, consapevoli che si tratti di un fenomeno che anche l’Istat non può più permettersi di trascurare. Ma si oppongono alla equiparazione dei loro alloggi agli esercizi ricettivi", spiega Diaferia. 

Conflitto costituzionale

Del resto l'equiparazione agli esercizi ricettivi degli alloggi dati in locazione è stata già oggetto delle attenzioni dell'Avvocatura dello Stato, che per conto del governo ha impugnato la legge davanti alla Corte Costituzionale. Ne va infatti della ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni, così come sancita dalla Carta: in particolare, solo allo Stato è attribuita la competenza sull'ordinamento civile e quindi sui contratti, inclusa la locazione. Le Regioni non possono cambiare le regole.

Guerra tra albergatori e Airbnb

Il provvedimento, approvato a gennaio del 2018, era stato presentato dall'allora vice capogruppo della Lega Fabio Rolfi, nel frattempo diventato assessore all'agricoltura e al verde con la nuova giunta di Attilio Fontana. Rolfi, per annunciare la presentazione del provvedimento, aveva redatto un comunicato stampa congiunto con un'associazione di albergatori, fatto più unico che raro soprattutto perché la nuova legge andava ad aumentare la burocrazia per i proprietari di appartamenti, "concorrenti naturali" degli albergatori stessi.

Da più parti era stato fatto notare che il provvedimento non soltanto avrebbe accresciuto gli adempimenti necessari per i piccoli proprietari, ma avrebbe potuto generare truffe. Ad esempio, qualcuno avrebbe potuto utilizzare un codice altrui sul portale di riferimento.

Non si era trattato però del primo intervento di Regione Lombardia sulla "guerra", se così si può chiamare, tra albergatori e proprietari che mettono l'annuncio relativo al proprio appartamento su portali come Airbnb. Nel 2016 il consiglio regionale aveva introdotto una serie di requisiti per poter affittare una casa a breve termine, a cui avrebbero dovuto soggiacere anche coloro che affittano la propria casa in modo sporadico. Il numero di asciugamani, stoviglie, sedute del divano, fornelli in cucina e così via: tutto stabilito per legge.

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