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Conti in Svizzera, c'è il nome di Civati: "Ecco perché"

Nella lista Falciani sui conti correnti svizzeri compare anche il nome dell'esponente monzese del Pd. E lui spiega su Facebook la sua verità

Le sue cifre, evidentemente, non sono quelle da capogiro degli altri correntisti. Ma, altrettanto evidentemente, il suo nome è finito nella lunga lista dei clienti della banca svizzera Hsbc. C'è anche l'esponente monzese del Pd, Giuseppe Civati, nella lista Falciani, l'elenco completo dei centomila clienti che hanno depositato nei forzieri dell'istituto di credito elvetico qualcosa come cento miliardi di dollari. 

A rivelarlo è l'Espresso, che racconta come all'ex candidato alla segreteria del Pd risulti collegato un deposito con soli 6.589 dollari di cui è titolare suo padre Roberto, classe 1943, in passato amministratore di aziende importanti come la Redaelli Tecna di Milano. Gli atti di Falciani documentano che Civati, insieme alla madre, è stato inserito nelle carte della banca nel novembre 2000, quando aveva 25 anni. E l’unica operazione registrata a suo nome coincide con la procura rilasciatagli dal padre. 

Insomma, pare che Civati non abbia nulla da nascondere. Ed è lui stesso a raccontare la sua versione dei fatti in un lungo post su Facebook. 

"Come sempre, voglio darvi tutte le notizie che mi riguardano non appena sono nelle condizioni di farlo - esordisce - L'Espresso, nel corso del lavoro giornalistico che riguarda Swissleaks, mi comunica che nella lista Falciani compare il nome di mio padre in relazione a un conto corrente presso la banca Hsbc. Il motivo per cui compare anche il mio nome dipende unicamente dal fatto che mio padre ha aperto quel conto nel 1994 (quando avevo diciannove anni) indicandomi come procuratore, insieme a mia madre (in quanto eredi, per il caso in cui fosse mancato)".

"Di tutta questa storia - si difende Civati - non avevo alcuna informazione e quanto ho ricostruito dopo la telefonata del giornalista Paolo Biondani de l'Espresso è che: il conto non ha mai superato i 10.000 euro, si è estinto nel 2011 (essendosi azzerato a causa delle spese di tenuta) e non risulta su di esso alcuna movimentazione".

"Preciso - continua - che non ho mai fruito di quei capitali e non ho mai avuto concretamente accesso al conto. Prima notizia, quindi: non ho soldi in Svizzera e non ne ho mai portati, né prelevati".

"Quanto al conto e al deposito di quei capitali, non c’è stato alcun elemento di illegalità - sottolinea - Tutta la situazione è stata, peraltro, verificata in occasione del verbale della Guardia di Finanza redatto in contraddittorio con mio padre, sulla base delle stesse informazioni qui riportate (ho mostrato tale verbale, che risale al 2011, al giornalista de l'Espresso). Nulla di contestato, nulla di scudato, insomma".

"La domanda che compare nel titolo sono stato il primo a farmela - ammette - Da anni impegnato nelle battaglie contro l'evasione, il riciclaggio e i paradisi fiscali, è per me insopportabile vedere il mio nome accostato a persone e comportamenti con cui né io né la mia famiglia abbiamo avuto a che fare".

"La domanda, invece, «perché in quella banca?», trova presto risposta - chiarisce - Mio padre, amministratore delegato di un gruppo multinazionale che intratteneva rapporti con istituti bancari di vari paesi, ne aveva, tra gli altri operatori finanziari, anche con Hsbc, presso la quale fu aperto un conto regolarmente dichiarato nel bilancio della società (tutto trasparente, quindi). Presso la stessa banca aprì anche il suo, con la cifra indicata qui sopra".

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