Alessandro Vedani, il successore di Monti richiamato per turpiloquio
E' a Palazzo Madama da pochi giorni ma ha già incassato due richiami il neosenatore Alessandro Vedani da Buguggiate. Imprenditore nel ramo bonifiche ed ex sindaco, manca però dell'esperienza dell'indimenticabile Monti
LAZZATE – A Cesarino Monti non sarebbe mai successo. E’ cominciata col botto la carriera in Senato di Alessandro Vedani, l’imprenditore di Buguggiate (Varese) che ha occupato lo scranno lasciato libero da Monti: due richiami in pochi giorni, per chi ha raccolto il testimone dell'indimenticato sindaco di Lazzate, scomparso la settimana scorsa per un male incurabile.
COMUNICAZIONE - Vedani sembra essere diverso dal predecessore. Vulcanico, sopra le righe, ma sempre capace di controllarsi al momento opportuno l'uno; giovane e inesperto l'altro. E così, nel bel mezzo dell'emiciclo, si è lasciato scappare un rotondo «che palle». L'epiteto è apparso fuori luogo nonostante l'Aula ne abbia viste di tutti i colori in questi anni: «Non siamo in un bar» ha sbottato il vicepresidente di turno, il democratico Vannino Chiti. Vedani ha incassato, chiedendo scusa: «Cercherò di adeguare la mia forma di comunicazione», ha detto, non senza un certo imbarazzo.
IL BIS - Ma l'inesperienza si paga. Poco tempo dopo, il carattere decisamente irruento è riemerso sotto l’elegante doppio petto: «Sono stanco di vedere i miei soldi sputtanati per attività speculative» ha declamato in aulica lingua padana. Va dato atto a Vedani che il linguaggio in questione è quello caro alla Lega nei caratteristici comizi sul territorio; ma in Parlamento le espressioni colorite sono "concesse" solo ai big, gente che regge i governi. Vedani non è tra questi. «Onorevole, sarebbe la prima volta che mi vedrei costretto a togliere la parola ad un senatore per il suo linguaggio» lo ha ammonito Chiti.
VOCABOLARIO - Messo alle strette, e di fronte alla concreta possibilità di essere espulso dall’aula, Vedani ha peggiorato involontariamente la situazione. Per giustificarsi il neo parlamentare non ha infatti trovato parole migliori di queste: «Mi scusi, presidente, non mi veniva un sinonimo». I colleghi in pubblico lo difendono, ma in Transatlantico si sta già diffondendo un certo malumore. Dalla Brianza, non resta che commentare che, decisamente, a Cesarino Monti tutto questo non sarebbe mai capitato.