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La storia

Come sta Stefano, il giovane che aveva lanciato una raccolta fondi per curarsi e mangiare

A febbraio l'appello, oggi il grazie: "Non ho sperperato i vostri soldi"

A febbraio aveva contattato la redazione di MonzaToday per raccontare la sua storia e lanciare un appello. Un appello per raccogliere fondi per potersi curare e mangiare. Una storia  intensa, carica di umanità, dignità e anche forza perché Stefano, a 37 anni, non voleva arrendersi a quel destino crudele che si stava accanendo anche contro sua mamma. Stefano ce l’ha fatta, anche se in questi mesi, accanto alla grande generosità delle persone (molte delle quali sconosciute che hanno scoperto la sua storia grazie ai social e alla raccolta fondi lanciata on line), ha dovuto assaporare il gusto amaro della cattiveria e della denigrazione da parte di alcune persone che considerava amiche e colleghe. Così che Stefano dopo 10 mesi ha deciso di aggiornare chi lo aveva aiutato e far sapere come ha utilizzato quegli oltre 2.700 euro raccolti on line e le  altre donazione che gli sono state fatte personalmente.

Una raccolta fondi per mangiare

Stefano ha un’invalidità del 75%. Vive con la mamma e la sorella in un piccolo appartamento a San Rocco e percepisce una pensione di 300 euro. “Purtroppo ho una riduzione lavorativa dell'85% - aveva spiegato alla redazione di MonzaToday -. Una serie di patologie mi rendono la vita davvero difficile. Soffro di problemi alla colonna vertebrale, diverse protrusioni lombari. Vivo praticamente con una lombosciatalgia perenne, una grave cifosi (gobba) a metà schiena, protusioni e distrazione dei dischi vertebrali con alcune radici nervose ambo i lati che mi provocano dolori atroci al collo e alla testa”. Poi alcuni anni fa un’altra batosta: un neurinoma intercostale che lo ha visto finire sul tavolo operatorio con un intervento di oltre 12 ore. Nel frattempo anche la mamma si era ammalata e a causa della pandemia e la crisi Stefano e la sua famiglia ad un certo punto si sono trovati a non avere più i soldi per fare la spesa.

Ecco come ho usato i soldi

“Ho cercato aiuto, poi a febbraio ho deciso, con tanta vergogna, di promuovere una raccolta fondi on line - racconta -. Le persone sono state meravigliose e io oggi voglio ringraziarle ancora pubblicamente per far sapere che quei soldi che mi hanno donato sono serviti per curare mia mamma, per portare in tavola cibo sano, e qualche soldo sono riuscito a metterlo da parte in caso di altre emergenze”. Una precisazione che Stefano ha deciso di fare pubblicamente. “Purtroppo accanto alla generosità delle persone ho provato anche la cattiveria di chi insinuava un cattivo uso di quelle donazioni - prosegue -. I soldi stati usati per sopravvivere: per mangiare e per curare mia mamma. Perché, proprio quando io avevo lanciato la raccolta anche per sottopormi ad alcune visite specialistiche mia mamma si è ammalata e ho preferito usare quei soldi per la sua riabilitazione, invece che per la mia”. Stefano è emozionato quando parla. “Non è facile vivere con questi dolori, con la certezza che nessun neurochirurgo si azzarda ad operarmi perché sarebbe troppo alto il rischio di perdere l’uso della gamba”, aggiunge. Stefano ricorda la difficoltà per mesi a portare in tavola un piatto caldo, a mangiare frutta e verdura, e quando sono arrivati i primi soldi ricorda ancora l’emozione della grande spesa e di quel ragù preparato che non mangiava da mesi. “Oggi, per fortuna, la situazione è migliorata - aggiunge -. Si mangia e con i soldi ci si sta dentro a pelo e fortunatamente mia mamma si sta riprendendo”. In questi mesi Stefano si è rimesso in forze, ha deciso di dimettersi dalla Protezione civile dove per anni è stato volontario anche se assicura che non abbandonerà il mondo del volontariato.

La cattiveria mi ha ferito profondamente

“Questi mesi per me sono stati difficili, non solo dal punto di vista fisico ma anche emotivo - racconta -. Arrivare a fare una raccolta fondi per mangiare e per curarsi non è stato semplice. Nella vita ho sempre cercato di aiutare il prossimo e di dare il massimo e quelle insinuazioni mi hanno fatto molto male”. Stefano in questi mesi non si è arreso e spesso a dargli forza sono stati anche i ricordi di quel tremendo periodo del covid quando già faceva fatica a tirare avanti. “Ricordo però i grazie delle persone – conclude -. All’epoca come volontario della protezione civile svolgevo il servizio negli ospedali e di consegna della spesa e delle medicine a casa. È stato molto impegnativo, duro, tornavo a casa che purtroppo non c'era nulla sulla tavola ma poi quando poi incontravo per strada le persone che avevo aiutato e mi fermavano per ringraziarmi per quello che avevo fatto ero felice. Adesso guardo al futuro con la speranza lasciando l’amarezza da parte e con tanta voglia di rimettermi in campo per il prossimo”.

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