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Centro sociale / Regina Pacis / Via Timavo

"Comune basta costruire, guarda come abbiamo fatto rivivere un'area dismessa"

Il documento redatto dai militanti del centro sociale e inviato al sindaco Pilotto

Il centro sociale Foa Boccaccio dice la sua sul PGT di Monza e ricorda al sindaco Paolo Pilotto e all’amministrazione comunale che a quasi 2 anni dall’occupazione dell’area dismessa di via Timavo hanno ridato vita allo stabile ormai fatiscente. Questo, in sintesi, quanto riportato nel documento pubblicato sulla pagina Facebook della Foa dove, a ribadire il no secco ad altre costruzioni non solo sulle ormai poche aree libere ma anche sulle aree dismesse, i militanti ripercorrono le attività svolte dal luglio 2021 ad oggi.

Stop al mattone 

“A Monza oltre a bloccare il consumo di suolo non serve un altro mattone in più” si legge sul documento ufficiale. Una posizione che da anni viene sostenuta e abbracciata anche da diversi comitati cittadini e associazioni. Il centro sociale, inoltre, mostra come "modello" quanto svolto dai militanti all’interno dello stabile (di proprietà privata) di via Timavo 12 occupato dal luglio 2021, dopo che le forze dell’ordine avevano sgomberato l’area di via Rosmini.

“Le strutture di Via Timavo 12 – si legge nel documento - abbandonate a loro stesse dalla proprietà, in attesa di crolli e cedimenti delle parti storiche che lasciassero il campo a ulteriori margini di intervento speculativo, hanno necessitato di numerose azioni di ripristino che ne tutelassero l’integrità. Tutti gli interventi si attuano nel rispetto del principio conservativo delle strutture preesistenti, in opposizione alle pratiche distruttive e predatorie tipiche del mercato immobiliare. L’autorecupero, come pratica dal basso, si basa in primo luogo sul principio dell’autofinanziamento, per cui l’ampia comunità che attraversa lo spazio contribuisce a sostenere economicamente le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria. Nel contempo le azioni di restauro si consumano in una dimensione pubblica in cui su base volontaria le persone collaborano fattivamente alla riqualificazione dello stabile. Questi processi generano responsabilizzazione, senso di cura, partecipazione, scambio di competenze, sostituendo il modello della delega con momenti di crescita e socializzazione comunitarie. Il processo di manutenzione necessita di interventi periodici continuativi nel tempo a seconda dell’evolversi degli eventi”.

I difficili rapporti con il vicinato

Ma non è stato tutto rosa e fiori. Soprattutto per chi vive nelle palazzine vicino al centro sociale. I residenti  fin da subito hanno invocato lo sgombero e il ripristino della legalità, una richiesta che non hanno mai smesso di fare. Una difficile convivenza soprattutto in occasione dei concerti e degli eventi che richiamano sempre tantissime persone con musica a tutto volume fino a tardi, spesso accompagnata da schiamazzi, auto parcheggiata in doppia fila, strada e marciapiedi utilizzati come vespasiani. “Rispetto alle precedenti esperienze - si legge ancora nel documento redatto dalla Foa - la prossimità con il vicinato ha determinato una drastica riduzione delle iniziative musicali e un ridimensionamento della loro durata, favorendo invece iniziative con impatto acustico più limitato quali presentazioni di libri, incontri pubblici tematici e cineforum. Lo spazio sociale è uno strumento al servizio della comunità e molto spesso la tipologia delle iniziative risponde a richieste e proposte provenienti dall’esterno: così il luogo viene percepito e utilizzato come spazio comune e aperto alle esigenze reali e dirette di diverse componenti sociali del territorio. Questa predisposizione all’inclusione di istanze esterne si pone in netto contrasto con un modello di pianificazione urbanistica in cui le destinazioni d’uso vengono imposte dall’alto e quasi esclusivamente assecondando le esigenze di profitto dei costruttori”.

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