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L'intervista

"Amore non è possesso": la storia di Filomena Lamberti, la prima donna sfregiata con l'acido dall'ex marito

Era il 2012 e nel cuore della notte si è sentita arrivare in viso un getto di acido solforico che l'ha ustionata e sfigurata. Ha raccontato la sua storia a MonzaToday. Parla di violenza ma anche di coraggio e rinascita

Il buio sulla vita di Filomena Lamberti è calato in una notte di fine primavera. Era il 28 maggio del 2012 quando il suo ex marito, l'uomo da cui si voleva separare - il padre dei suoi tre figli - l'ha svegliata alle quattro del mattino e le ha scagliato contro dell'acido solforico che l'ha colpita al volto, al collo, alle braccia, sfregiandola. L'acido che usavano nella pescheria di famiglia per sturare i lavandini che invece è finito sulla pelle della donna che dopo trent'anni di matrimonio voleva lasciare quell'uomo. E l'ha marchiata . Nel corpo e nell'animo. La brutalità della violenza Filomena Lamberti l'ha vista in faccia, l'ha sentita bruciare sulla sua pelle ma in quel buio ha saputo trovare la luce. E rinascere. Diventare una donna libera. Diversa ma finalmente se stessa.

"Guarda che ti do". Queste le ultime parole che ha sentito pronunciare da quell'uomo con cui aveva condiviso un matrimonio segnato da violenze e maltrattamenti e da cui aveva avuto tre figli. Un buio calato all'improvviso sulla sua vita. Un calvario fatto di due mesi di ricovero in terapia intensiva e oltre trenta interventi chirurgici. Una testimonianza di coraggio, di forza e di libertà - la sua - che adesso ha deciso di condividere, testimoniando il suo vissuto e la sua battaglia contro la violenza sulle donne in tutta Italia. E l'ha fatto anche con Today

Sfigurata con l'acido perchè voleva lasciare il marito

"Come tutti gli uomini che non accettano la separazione lui il giorno prima mi chiese per l'ennesima volta la mia intenzione quale fosse e io ribadì che ero decisa a separarmi" racconta Fiomena Lamberti, originaria di Cava de' Tirreni, 65 anni, a MonzaToday, ripercorrendo momento per momento l'inizio di quel terribile incubo. "E non mi diede modo di capire da lì a poche ore cosa mi avrebbe fatto". Nel cuore della notte l'ha svegliata e l'ha fatta girare. "Guarda che ti do. Mi ha detto. Come a dire 'questa è la mia punizione perchè tu mi vuoi lasciare'" raconta la donna. "Sono uomini che non accettano questo affronto e ritengono che la donna sia una cosa loro, sia un loro possesso".

"Ho capito subito che cosa mi aveva buttato sul volto e sul corpo perchè avevamo una pescheria e quell'acido lo usavo per sturare lavandini. Mentre lui se n'è andato e ha nascosto le chiavi della macchina a soccorrermi sono stati i miei figli". Poi la corsa in ospedale e a sirene spiegate verso il Centro Grandi Ustionati del Cardarelli di Napoli. Nel frattempo l'ex marito della signora Filomena si era diretto in questura, per raccontare che quell'acido la donna lo voleva buttare addosso a lui in un disperato e vile tentativo di ribaltare la situazione. Ma in un letto d'ospedale, a lottare tra la vita e la morte, rischiando anche di perdere la vista, non c'era lui.

Poi ci furono le indagini e all'uomo - poi condannato a una pena di 18 mesi con patteggiamento di cui ne ha scontati solo 15 - concessero gli arresti domiciliari. Nella casa coniugale. Mentre Filomena era ancora in ospedale. Ancora in terapia intensiva. E lì ha ricevuto anche la notizia della conclusione della vicenda giudiziaria che la vedeva vittima e protagonista. Il 25 giugno, un mese e mezzo dopo lo sfregio, il processo era finito. Nessuno l'aveva ascoltata, nessuno era andato in ospedale a guardarla in faccia. Nessuna foto del suo volto o delle bende che aveva in viso era finita nel fascicolo. "Il mio è stato proprio un processo scandaloso" spiega con rammarico la signora Lamberti. "Quando si è concluso ero ancora in terapia intensiva in prognosi riservata. Mi fa rabbia ancora oggi" ricorda. 

L'amore confuso con il possesso

"Alle ragazze di oggi vorrei dare un suggerimento: studiare e impegnarsi per un futuro lavorativo per essere indipendenti perchè l'autunomia non intrappola nella violenza con la dipendenza economica. All'epoca io avevo paura di vedermi portare via i figli dai servizi sociali perchè lavoravo con lui e se lo avessi lasciato non sapevo dove andare, come potermi mantenere e così, nell'indecisione e nella paura, sono passati trent'anni. Oggi invece se potessi tornare indietro, prenderei i miei figli e andrei via. Mi picchiava anche davanti ai bambini". Un matrimonio costellato da violenza e maltrattamenti da cui ora, pagandone il prezzo sulla propria pelle, ha tratto una lezione importante che adesso vuole condividere come testimonianza e come messaggio di sensibilizzazione e lotta contro la violenza sulla donne.

"Una relazione tossica si riconosce subito. La violenza fisica arriva in un secondo momento e all'inizio c'è la confusione del possesso con l'amore. Qualcuno che ti dice che non ti devi truccare, come è capitato a me, che non devi vestirti così e magari tu, pensando sia gelosia, non lo fai. Ma questo atteggiamento spiana la strada per il possesso e nel momento in cui una donna cambia e decide con la sua testa, vuole imporre la sua autonomia, alcuni uomini vanno in tilt perchè capiscono che stanno perdendo il potere sulla donna. E passano mesi e anni perchè è difficile uscire da questo meccanismo e da questa violenza. Ragazze, al primo cenno e alla prima proibizione, dovete prendere le distanze".

La rinascita di Filomena: "Oggi sono una donna libera"

"Oggi innanzitutto sono una donna libera e so con certezza che la mia libertà non me la può togliere più nessuno. L'ho pagata cara la mia libertà. Io per trent'anni anni sono sopravvissuta, non ho vissuto. Oggi esco e respiro l'aria e me la godo. Io mi sentivo soffocare quando uscivo e non ho mai fatto un passo da sola perchè il mio ex marito mi faceva sentire in colpa se qualcuno mi guardava e io non stavo bene" racconta a MonzaToday.

"L'aria mi soffocava. Io adesso apro la porta, scendo in strada, sento che cammino con la mia identità violata ma mi scivola addosso ogni commento o sguardo curioso. Ci ho messo trent'anni per essere libera e il mio volto sfigurato non conta nulla. Per me è importante vivere, viaggiare, incontrare persone". Un'altra vita. Proprio come il titolo del libro che Filomena Lamberti ha scritto e autoprodotto in collaborazione con le referenti, le professioniste e le volontarie dell'associazione Linearosa Spazio Donna del centro antiviolenza di Salerno. "Un'altra vita che è finalmente mia" spiega la donna. Proprio con l'associazione Filomena Lamberti è rinata e ha deciso di testimoniare, con la sua esperienza, in favore delle altre donne. "Perchè non succeda più a nessuna". Ma l'elenco purtroppo ogni giorno si allunga e l'ultima è stata Giulia Cecchettin, la 22enne veneta rapita e uccisa dall'ex fidanzato Filippo Turetta. Proprio sabato 18 novembre, il giorno del ritrovamento del corpo senza vita della giovane di cui non si avevano più notizie da una settimana, Filomena Lamberti era a Monza e ha commentato questa ennesima triste vicenda, durante la tavola rotonda sul tema del femminicio e della violenza organizzata in Villa Reale dalla questura di Monza che la vedeva come ospite. 

La tavola rotonda contro la violenza-2

Un nuova vita e una nuova donna. Più forte ma diversa, violata, marchiata. Una nuova se stessa - sicuramente più vera - che all'inizio però la signora Filomena Lamberti ha fatto fatica ad accettare. "Quando mi sono specchiata per la prima volta dopo due mesi e mezzo da quella notte, nel momento in cui finalmente mi hanno tolto le bende dal viso, ho visto il mio volto e ho avuto uno choc" racconta. " Non mi riconoscevo: vedevo uno zombie, non Filomena e trascorsi una notte terribile e volevo farla finita. Una volta tornata a casa poi evitavo gli specchi, evitavo di specchiarmi perchè ero ancora un po' fragile". Oggi in quello specchio, riflessa, c'è un'altra donna. Forte. Che vuole essere una testimonianza di coraggio contro ogni violenza. Per tutte. E tutti.

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