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L'indagine

Fatture false per evadere l'Iva, dieci indagati (anche in Brianza) per associazione a delinquere

Un'indagine della guardia di finanza di Treviso ha portato a scoprire un giro di fatture false per 39 milioni di euro con un'evasione Iva da 7 milioni nel settore della distribuzione delle bevande che provenivano dall'estero

Acquistavano dall'estero, attraverso società cartiere intestate a prestanome, bevande sottocosto evitando di pagare le tasse. In tutto sono state emesse fatture false per 39 milioni di euro, evadendo così 7 milioni di Iva. Dieci persone, tutte residenti tra le province di Monza e Brianza, Treviso, Roma e Salerno, dovranno rispondere dei reati di associazione per delinquere, emissione e contabilizzazione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, omessa dichiarazione. E' il risultato dell'indagine "Italian drink" della guardia di finanza di Treviso, così come riporta TrevisoToday, che ha portato alla luce la frode, spingendo la Procura della Repubblica di Treviso a notificare agli indagati l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, atto prodromico alla successiva richiesta di rinvio a giudizio.

Il meccanismo della frode (con fulcro in Brianza)

Le bevande, di provenienza comunitaria (Bulgaria, Germania, Malta, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna), venivano solo cartolarmente fatte transitare presso imprese “cartiere”, quasi tutte formalmente con sede a Roma, le quali, successivamente, cedevano la merce “sottocosto” alle aziende che avevano originariamente ed effettivamente intrattenuto i rapporti con i fornitori esteri, omettendo però ogni obbligo di dichiarazione e di versamento delle imposte. Il fulcro della frode è stato individuato in due società, con sede in provincia di Monza e Brianza e Bergamo. Un ruolo fondamentale all’interno del gruppo criminale, poi, è stato assunto da tre persone, attive in provincia di Roma che si occupavano a costituire delle imprese cartiere: a loro toccava il compito di intrattenere rapporti diretti con vari professionisti (notai, commercialisti, ecc.) e di collocare le sedi legali, prevalentemente presso “mail boxes”; gli stessi provvedevano anche alla ricerca dei vari “prestanome” nullatenenti da utilizzare, dietro compenso, come soci o amministratori delle varie aziende strumentali alla frode; infine, i tre gestivano, di fatto, in luogo e per conto dei prestanome, i rapporti bancari intestati alle società cartiere.

I prestanome da Roma e Treviso

Le aree geografiche più ricorrenti per il reclutamento degli amministratori/prestanome sono state proprio le province di Roma e Treviso; il territorio trevigiano, in particolare, sarebbe stato di fondamentale importanza per l’organizzazione criminale, dato che nella Marca risiedono ben cinque dei ventuno prestanome individuati, oltre al principale reclutatore, anche lui residente a Treviso.

L'indagine delle Fiamme gialle

Le indagini sono il frutto della minuziosa analisi di un vasto quadro probatorio, basato su intercettazioni telefoniche e telematiche, segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio, accertamenti bancari, materiale documentale (appunti, agende, manoscritti, scritture contabili, fatture, ecc..) e informatico (chat di WhatsApp, Telegram, messaggi di posta elettronica, contenuti audio e video) sequestrato dai finanzieri del gruppo di Treviso, con il supporto dei reparti delle Fiamme Gialle competenti per territorio, nel corso di 44 perquisizioni presso le sedi delle aziende coinvolte, in diverse località del territorio nazionale, tra cui Treviso, Padova, Bergamo, Roma, Rieti, Salerno, Genova e appunto Monza - Brianza. 

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