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Il ricordo

"Ecco come veramente era Jeffrey Baby": il ricordo del politico monzese che lo ha conosciuto

La tristezza di Paolo Piffer, consigliere comunale ed educatore in carcere, che conosceva il giovane trapper trovato senza vita nella cella del carcere di Pavia

La morte in carcere di Jeffrey Baby (all’anagrafe Jordan Tinti) lo ha scosso. E non appena si è diffusa la notizia del tragico gesto compiuto dal trapper 26enne di Bernareggio detenuto nel carcere di Pavia, ha scritto un post sui social, ribadendo la rabbia e la delusione verso quel sistema detentivo che da anni denuncia.

Paolo Piffer, educatore nella casa circondariale di Monza e capogruppo di Civicamente in consiglio comunale, Jeffrey Baby lo conosceva. “Era un ragazzo sensibile e confuso, molto diverso da come appariva - ha raccontato a MonzaToday -. Quando un ragazzo si suicida in carcere (se è stato davvero un suicidio) è sempre una sconfitta dello Stato. Ci sono luoghi dove la fragilità non riesce ad essere accolta e a convivere con la sofferenza. Con Jordan ormai abbiamo fallito, cerchiamo di non fallire anche con i tanti altri ragazzi come lui”.

Jeffrey Baby stava scontando nel carcere di Pavia una pena di 4 anni e 4 mesi  di reclusione per rapina aggravata dall'odio razziale. Era stato arrestato nel mese di agosto del 2022 insieme a un altro trapper (Traffik), con l'accusa di avere rapinato un nigeriano di 42 anni presso la stazione ferroviaria di Carnate. Nel 2019, a Napoli, era salito su un'auto dei carabinieri e aveva iniziato a saltare, mentre un amico lo filmava. Nello stesso anno aveva insultato sui social network l'inviato di Striscia La Notizia Vittorio Brumotti dopo averlo incrociato dal vivo alla stazione di Monza, durante un servizio televisivo sullo spaccio di droga in città.

Qualche mese fa, il trapper era stato trasferito in una comunità pavese, dopo avere ottenuto l'affidamento terapeutico, ma poi il Tribunale di sorveglianza aveva sospeso la misura disponendo il rientro in carcere del 26enne. Prima, a gennaio e febbraio del 2023, il giovane aveva già tentato due volte di togliersi la vita, sempre mentre era detenuto. Dal carcere di Monza, in precedenza, era stato trasferito a Pavia per avere ricevuto minacce dagli altri detenuti. L’avvocato del giovane ha già richiesto l’autopsia.

“Jordan è stato trovato morto in cella con una corda al collo - ha scritto Paolo Piffer sul suo profilo Facebook - Dopo avergli sospeso la misura di affidamento in comunità, era stato trasferito nello stesso carcere in cui aveva denunciato di aver subito maltrattamenti. Pessima idea. L’ennesimo suicidio in carcere (o così sembra). L’ennesimo fallimento dello Stato. L’ennesimo tentativo di rieducazione fallito”.

E proprio del dramma dei suicidi in carcere si è parlato settimana scorsa a Monza, durante una serata organizzata al centro civico di San Rocco sul tema del sistema detentivo in Italia. Tra i relatori l’avvocato Enrico Vincenzini di Antigone, associazione nata alla fine degli anni Ottanta per i diritti e le garanzie nel sistema penale. Dall’inizio dell’anno, compresa la morte del giovane trapper brianzolo, sono 21 i suicidi in carcere, 69 quelli che ci sono stati l’anno scorso. “Uno dei maggiori problemi è proprio quello del sovraffollamento – prosegue l’avvocato -. La mancanza di personale è una grave emergenza. Le carceri accolgono la parte più problematica della società e le persone una volta scontata la pena si ritrovano in una società esterna che non offre loro alternative. C’è la paura di un mondo sconosciuto che in alcuni casi porta le persone a compiere gesti estremi”. Parole molto dure quelle del rappresentante di Antigone in merito al sistema carcerario italiano. “Il carcere non è una struttura che rieduca – spiega -. Il tasso di recidiva nei casi di persone che hanno scontato la pena in carcere è del 68% mentre nelle persone che scontano la stessa pena (sotto i 4 anni) in sistemi esterni di affidamento in prova ai servizi sociali solo il 19% compie di nuovo il reato”. 

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