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Cronaca

"Salviamo la ciminiera dell'ex Feltrificio": i cittadini si mobilitano

Nell'area di via Scotti svetta (per adesso) una ciminiera. I cittadini chiedono di conservare quel pezzo di storia che, secondo i progetti, dovrebbe essere abbattuta

Giù le mani dalla ciminiera dell’ex Feltrificio Scotti di Monza. È la stessa Costituzione italiana che stabilisce la tutela del paesaggio e del patrimonio artistico della nazione, e la ex ciminiera fa parte del patrimonio cittadino. Questo, in sintesi, il messaggio della lunga lettera che il Coordinamento di comitati e di associazioni di Monza ha inviato al sindaco Dario Allevi, all’assessora all’Urbanistica Martina Sassoli, alla Giunta, ai consiglieri comunali, e alla Soprintendenza alle Belli Arti.

Chi chiede il recupero della ciminiera

 Il Coordinamento – che riunisce  Legambiente Monza Circolo A. Langer, CCR - Gruppo ambiente e territorio, Comitato per il Parco A. Cederna, Comitato la Villa reale è anche mia, Comitato Bastacemento, Comitato via Boito-Monteverdi, Comitato di via della Blandoria, Comitato Triante, Comitato quartiere S. Albino, Comitato quartiere San Donato/Regina Pacis, Comitato Buon Pastore, Comitato Gallarana, Comitato residenti area Scotti, Comitato via Perosi, Comitato viale Lombardia 246, Comitato San Fruttuoso Bene Comune, Comitato Salviamo l’area dell’ex Ospedale Umberto I – ribadisce l’importanza di salvaguardare quegli elementi di archeologia industriale che fanno parte del patrimonio cittadino.

"La ciminiera si può salvare, come successo altrove"

“Le città più attente e attrattive sono quelle che conservano ancora oggi quelle memorie testimoniali, non gli scempi fuori scala spesso frutto di mere speculazioni edilizie, mosse solo dalla volontà di voler emergere facendo violenza al tessuto urbano consolidato, sotto il falso slogan del rinnovamento urbano – si legge nella lettera -. Certo è possibile inserire in quegli immobili altre funzioni, attualizzate e compatibili, conservandone però gli involucri e i simboli, anche recuperando nuovi spazi pubblici. Nessuno si permetterebbe oggi di demolire per esempio e come proposto, a suo tempo, da un francese, la Villa Reale di Monza per farne delle lucrose “villette a schiera” o “condomini in parco secolare”. Ricordiamo che ci fu anche un tentativo, fortunatamente sventato, di demolire l’Arengario di Monza per far passare un tram. Chi farebbe oggi quelle proposte, sempre formulate in nome del progresso, della modernità e di nuovi investimenti?”.

"Fa parte della storia di Monza"

Da qui la richiesta di non abbattere quella ciminiera testimonianza della storia sociale e industriale di Monza, in quell’area dell’ex feltrificio Scotti dove troverà spazio un complesso residenziale che prevede anche la demolizione della ciminiera. Decisione approvata anche dalla commissione comunale del Paesaggio con successiva dichiarazione degli uffici competenti di ricercare comunque soluzioni alternative per il mantenimento della ciminiera. “Un esempio di un possibile recupero di un’area dismessa in città, è quello sull’ex Feltrificio Scotti, industria sorta circa 100 anni fa lungo il vialone della Villa Reale e la via Castana (oggi via Donizetti) – spiegano -.  Quel Feltrificio faceva parte delle numerose industrie del cappello che caratterizzarono Monza fino alla metà del XX secolo. Un simbolo identitario di quegli immobili è, di sicuro, la ciminiera alta ben 40 metri, la maggiore in altezza rispetto ad altre, pur presenti in città. Ricordiamo quelle nell’ex Macello, alla Fossati e Lamperti, all’ex Cotonificio Cederna, all’ex Hensemberger e altre ancora, di minore altezza. Il restauro della ciminiera è possibile e auspicabile così come dimostra una perizia che abbiamo fatto eseguire a un professionista che ha recuperato anche quella di Crespi d’Adda, ben più alta (62 metri). Anche l’Ordine degli ingegneri di Monza e Brianza, nel luglio 2020, ha dichiarato la fattibilità tecnica, economica e l’invito per un suo recupero”.

Le richieste dei cittadini

Il Comitato chiede “il restauro della ciminiera; la ricostruzione, almeno in parte, degli edifici industriali demoliti, consentendone usi compatibili, pur attualizzati, nonché il recupero di nuove funzioni e spazi pubblici in “open space”; una drastica riduzione del numero di unità abitative e delle altezze dei sette nuovi edifici residenziali (massimo 3 piani) a fronte delle migliaia di alloggi non occupati esistenti; di aumentare le destinazioni a servizi (es. nuovo centro civico per il quartiere Cazzaniga); un collegamento ciclopedonale tra via Scarlatti e via Boito (in sostituzione del nuovo collegamento viabilistico)”.

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