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Cronaca

È morto Giorgio Napolitano

L'ex presidente della Repubblica aveva 98 anni: è stato il primo ex comunista al Quirinale e il primo a essere eletto per due mandati

Si è spento, a 98 anni, Giorgio Napolitano. È stato il primo ex membro del Partito Comunista Italiano a sedere al Quirinale e il primo a restarci per due mandati consecutivi. Fu eletto dapprima nel 2006 e poi nel 2013, dopo lo stallo delle elezioni politiche e l'ingovernabilità istituzionale che ne seguì. Rimase in carica, per senso delle istituzioni, per due anni. Nel gennaio 2015 le dimissioni per lasciare così spazio all'elezione di Sergio Mattarella. 

Il riformista che ha attraversato il '900

Era nato a Napoli nel gennaio 1925, nei primi anni di quel "Secolo Breve" che ha attraversato da protagonista. Aderisce al Partito Comunista Italiano nel 1944, quando ha appena 19 anni: è l'inizio di una carriera fulminante. Entra in Parlamento giovanissimo, nel 1953. Sono anni di piena guerra fredda e Napolitano fa parte della commissione meridionale del partito. Una militanza fedele, ma costellata di ravvedimenti ed elaborazioni critiche e teoriche. 

Diventa, nel tempo, il leader dei cosiddetti "miglioristi", corrente riformista del Partito Comunista Italiano. L'obiettivo del "migliorismo" non era più l'opposizione violenta e conflittuale al capitalismo, ma il suo progressivo miglioramento attraverso riforme sociali. Una strategia che promuoveva il dialogo attivo con le altre forze della sinistra, sia socialiste che socialdemocratiche. 

Ed è su questi temi che Giorgio Napolitano si confronta anche all'estero a partire dagli anni '70, tenendo conferenze negli istituti di politica internazionale del Regno Unito e della Germania. Fu il primo comunista italiano a ottenere un visto per recarsi negli Stati Uniti nel 1978, divenendo nel tempo una sorta di "ministro degli Esteri" del Pci. Henry Kissinger, l'ex potente (e discusso) segretario di Stato Usa, arrivò a definirlo "il suo comunista preferito" in virtù delle sue doti diplomatiche. 

Nel corso degli anni '80 tiene viva la possibile convergenza con il Psi e arriva ad affermare che "Il riformismo europeo è il punto di approdo del Pci", prendendo così definitivamente le distanze dall'esperienza sovietica.

Da Tangentopoli alla presidenza della Repubblica 

Nel 1991 aderisce, con la cosiddetta 'svolta della Bolognina', al Pds affermando che il Pci avesse tardato fin troppo a trasformarsi in un partito socialdemocratico di stampo europeo. Nel 1992 venne eletto presidente della Camera dei Deputati nel periodo turbolento di Tangentopoli, in cui si consumò la sua rottura con i socialisti e con Bettino Craxi. Quattro anni dopo è ministro dell'Interno del governo Prodi. Primo ministro ex-comunista a sedere al Viminale, promuove nel 1998 la contestata legge Turco-Napolitano che istituisce i Centri di permanenza temporanei per gli immigrati clandestini. Sono gli anni dei primi sbarchi di massa e l'Italia si scopre non più solo terra di migranti, ma vera e propria meta di immigrazione. 

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Sale per la prima volta al Quirinale nel 2006, grazie a una larga convergenza politica. Napolitano guiderà il Paese durante una delle fasi più delicate della nostra storia: la crisi dei debiti sovrani che portò nel 2011 alla caduta del governo Berlusconi. Affida il compito di traghettare il Paese fuori dalle nebbie a Mario Monti: sarà un governo tecnico costretto a promuovere anche riforme impopolari per risanare dei conti pubblici dissestati, come la contestata "Legge Fornero" sulle pensioni.

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Il resto è storia recente: viene rieletto nel 2013 per una vera e propria impasse istituzionale dopo il voto delle politiche. Napolitano accetta, ma non senza rinunciare a rimproverare tutto il Parlamento sulle riforme necessarie mai portate avanti. Durerà due anni. Nel 2015 si dimette e lascia spazio all'elezione di Sergio Mattarella. La sua storia continua come "senatore a vita" e osservatore attento della politica italiana.

Con lui se ne va non solo un dizionario di parole antiche come "migliorismo", ma anche anni intensi, di ideali e dibattiti. E la forza di un pragmatismo che lo ha portato ad attraversare la stagione dello stalinismo e quella del '68, il terrorismo e tangentopoli, la crisi dei partiti e quella della finanza globale. Con Giorgio Napolitano se ne va un uomo delle istituzioni capace di generare aspre polemiche, ma che non ha mai esitato a confrontarsi con i grandi temi del suo tempo. E al contempo un uomo di partito che, dalla sua giovanile formazione marxista, non ha mai abdicato alla centralità della prassi nell'esperienza umana. E anche all'importanza dell'elaborazione critica di teorie, convinzioni o dottrine. Una caratteristica che lo avvicina al nostro "tempo sbandato" e alle sue inestricabili contraddizioni

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