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Le esequie

Addio a Giuseppe, storico volontario dal cuore buono

Nella chiesa di San Biagio le esequie per il 72enne, spentosi martedì dopo una lunga malattia

Una gremitissima chiesa di San Biagio ha ospitato nella mattina di venerdì 19 gennaio i funerali del 72enne Giuseppe Centoducati, storico volontario dell'oratorio di via Manara e fra le figure più attive all'interno della comunità pastorale Ascensione del Signore, che raccoglie le parrocchie di San Biagio, San Pio X e Santa Gemma. 

Orginario di Altamura, arrivato a Monza a soli 11 anni (dove dopo aver lavorato come garzone in una macelleria era entrato in pianta stabile alla Colmar), Centoducati ha trascorso l'intera esistenza nel quartiere San Biagio. Stabilendosi con la moglie Monica, che aveva portato all'altare 46 anni fa, in una casa in via Lario. Una fede fervente, la connaturata disposizione all'altro, Centoducati è stato per molti anni custode dell'oratorio di San Biagio. Un incarico assunto nei primi anni 2000 per volere dell'allora responsabile della pastorale giovanile don Alberto Torriani. Un impegno, il suo, che negli anni lo ha visto accompagnare nella crescita migliaia di ragazzi, e affiancato da quello all'interno delle diverse realtà aggregative e degli altri oratori della comunità pastorale monzese. Nella quale si è sempre distinto fra i volontari più attivi, anche dopo la scoperta della malattia che lo ha colpito mesi fa, e nella quale tutti lo stimavano e gli volevano bene.

Ad accompagnarlo nel suo servizio, da sempre, la moglie Monica, ancora oggi segretaria dell'oratorio di via Manara.

Di fronte alla cassa di legno chiaro ricoperta di fiori colorati e posta ai piedi dell'altare, a presiedere le esequie è stato il parroco monsignor Umberto Oltolini, accompagnato da tutti sacerdoti della comunità pastorale e appunto da don Torriani, oggi rettore del prestigioso Collegio San Carlo e grande amico di Centoducati. A quest'ultimo è stata affidata l'omelia: "La mia storia di amicizia con Giuseppe è fatta soprattutto di relazioni e condivisione - ha commentato don Torriani - E se oggi verrebbe facile pensare che di fronte alla morte siamo tutti dei perdenti è invece utile riflettere su quello che Giuseppe ha rappresentato e continuerà a rappresentare per ciascuno di noi. Giuseppe è quel centuplo del quale si parla nei Vangeli. Ovvero quella consapevolezza nuova che Cristo aggiunge alla nostra vita, quel di più che centuplica la nostra capacità di gustarci le cose. Giuseppe, cogliendo i bisogni che emergevano in mezzo alla gente che incontrava, creando relazioni profonde, ci ha infatti dimostrato come gustarci appieno la vita e che cosa la rende degna di essere vissuta".

Un impegno che non è mai venuto meno, nemmeno durante la malattia

Alle parole dell'amico don Turriani hanno fatto seguito quelle di don Oltolini, che ha voluto ricordare l'impegno indefesso e generoso di Centoducati all'interno della comunità pastorale: "Il nostro è un grazie riconoscente a tutto quello che Giuseppe ha fatto per noi - ha sottolineato - È stato un pezzo della nostra storia, e l'esempio della sua generosità come una cicatrice rimane a segnare la nostra memoria in maniera indelebile. Il suo è stato un servizio instacabile fra i ragazzi del nostro oratorio e fra le nostre famiglie. Un servizio 'pronto', semplice e genuino, che riportano alla mente gli insegnamenti di don Primo Mazzolari. Giuseppe ora è fra le braccia del Padre. E certamente quelle braccia sapranno stringerlo e donargli la pace così come le sue hanno saputo stringere e regalare conforto a tanti fratelli. Esprimiamo il nostro affetto a Monica, che con devozione e silenziosamente ha accompagnato Giuseppe lungo il mistero della sofferenza, ai figli Luca e Fabio, e al piccolo nipote Leonardo. Continuiamo a guardare all'esempio di Giuseppe, e con quell'esempio creiamo un legame che possa dare un senso e un indirizzo a ciò che viviamo oggi".

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A salutare Centoducati, anche i ragazzi amici dell'oratorio, che hanno voluto ringraziarlo con un messaggio commosso: "Sarà dura non vederti più girare in oratorio col grembiule indosso. Caro, amico, ti siamo grati per quello che hai fatto per noi e che hai continuato a fare anche durante la malattia, senza vergognarti di mostrare la tua fragilità".  

Un affetto, quello dimostrato dai fedeli del quartiere per lo storico volontario, che certamente non verrà mai meno.

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