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Domenica, 28 Aprile 2024
La storia / Limbiate

Marcellino, quel neonato che 65 anni fa venne abbandonato nei campi della Brianza

Limbiate ricorda quella storia che aveva commosso tutta la comunità

I limbiatesi non lo hanno mai dimenticato e da quel lontano 6 settembre 1958 ogni anno si ripete una sentita e semplice commemorazione ufficiale davanti a quella tomba a lui dedicata che rappresenta l’amore di un paese per quel bimbo venuto al mondo e abbandonato nei campi delle Groane. E anche nella giornata di ieri, mercoledì 6 settembre, si è ripetuta la commemorazione ufficiale nel ricordo di Marcellino, diventato poi il simbolo di tanti bimbi morti in tenera età per malattia o per violenza. 

Una storia che, come racconta Dario Citterio nel libro “Limbiate cara”, non si è mai sbiadita nel corso dei decenni, neppure oggi che Marcellino avrebbe compiuto 65 anni. Un drammatico episodio salito alla ribalta non solo delle cronache locali, che ha visto come protagonista quel neonato nato nei primi giorni del 1958. La mamma, probabilmente, ha tenuto nascosta la gravidanza e poi, dopo il parto che presumibilmente come raccontano le cronache dell’epoca si è svolto in casa senza assistenza, lo ha abbandonato tra i campi delle Groane.

Marcellino (così lo hanno chiamato i limbiatesi) è stato ritrovato all’alba del 5 settembre 1958 nei boschi delle Groane, nella riserva di caccia denominata “Limbiatese”, posizionata tra le vie Jenner e Polo, sulla collinetta alle spalle dell’oratorio maschile di via Mazzini, una zona poco frequentata un tempo, se non da qualche contadino e dal passaggio di alcuni carri agricoli. Marcellino pesava più di 3 kg. A ritrovarlo il macellaio Angelo Marelli a passeggio con il suo cane Simba che aveva richiamato l’attenzione del proprietario in un punto preciso di quella zona agricola: all’interno di una buca ricavata nell’erba c’era Marcellino. Il piccolo era avvolto in una coperta, piangeva e tremava probabilmente per il freddo della notte. Il macellaio prese subito il piccolo e lo portò di corsa a casa dove la moglie Anna gli prestò le prime cure.

Poi di corsa alla Clinica Villa Bianca dove il bimbo arrivò molto sofferente. I medici fecero di tutto per salvarlo. Come raccontano le cronache dell’epoca constatarono che sul corpo del neonato c’erano alcuni lividi da maltrattamento e aveva una forte crisi respiratoria. Nel frattempo vennero allertati i carabinieri e chiamato il prete coadiutore Sergio Ceppi per impartire il battesimo. Fu scelto il nome Marcellino, proprio come il protagonista del film “Marcellino pane e vino”. Intanto la notizia del ritrovamento di quel neonato nei campi fece il giro del paese: molte donne accorsero fuori dalla clinica per chiedere informazioni del neonato, mentre i bimbi dell’asilo Regina Margherita pregavano per Marcellino. Ma purtroppo dopo poche ore il neonato morì: il corpo di Marcellino fu sepolto quasi in silenzio nel cimitero maggiore tra le tombe dei bambini.

Solo dopo molti anni si scoprì che ad abbandonare Marcellino fu proprio la sua mamma. Una donna rimasta vedova che lavorava a Milano. Marcellino era il frutto di una breve relazione con un collega. Ma la donna non lo voleva e decise di abbandonarlo sperando che qualcuno potesse trovarlo e crescerlo.

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