L'episodio di razzismo dentro il Parco di Monza che non si può denunciare: il duro sfogo di Sarah
Il racconto di una mamma
Da alcuni giorni, dopo che in tutto il mondo è diventato virale il video delle studentesse che sul treno da Milano prendevano in giro una famiglia di cinesi, il tema razzismo è diventato molto dibattuto e tante persone hanno scritto alla redazione per raccontare episodi accaduti proprio a Monza, nella nostra bella città. Tra le tante segnalazioni vi riportiamo quella di Sarah perché introduce un tema importante che va oltre la vicenda in sé e racconta di una soglia di tolleranza molto alta, specie tra i giovani, nel ricevere questi insulti razzisti. Racconta di ferite difficili da rimarginare e spesso provocate proprio da quelli che chiamiamo "i bravi ragazzi".
Il racconto di Sarah: razzismo al Parco di Monza
"Mia figlia 16enne era al Parco di Monza con un'amichetta. Stavano portando a fare un giro Spike il nostro cane. Per caso hanno incontrato un gruppo di coetanei e tra loro una ragazza aveva un cane e, come spesso accade, i due animali si sono avvicinati per annusarsi e scodinzolavano felici. Quasi subito una delle ragazze che accompagnava la proprietaria del cane ha incominciato a dire all'amica che dovevano andarsene, con tono molto scocciato. Da lì sono partiti 5 minuti di inferno che per mia figlia sono sembrati un'eternità. Un altro ragazzo del gruppo ha cominciato a sfottere e dire che dovevano andarsene non per Spike ma perché mia figlia e la sua amica puzzavano come delle scimmie. Come una valanga gli altri ragazzi hanno iniziato a imitare il verso delle scimmie e a dire: "Ecco perché siete venute al Parco, perché ci sono gli alberi, ma le banane non ci sono" e ancora: "puzzate come il vostro cane" e altre cose il cui tenore potete intuire da soli senza che io vi faccia latri esempi. Qualcuno penserà che sono sciocchezze da ragazzini, ma non è così. Sono ferite. Mia figlia, anche se non dovrei dirlo perché sembra una giustificazione e ne io ne lei dovremmo avere bisogno, è italiana. Nata in questo paese. Con un padre milanese. Mia figlia non è la prima volta che riceve questo trattamento.
E anche se poi tutto si traduce in un niente, anche se poi i ragazzi sono andati via (facendo sempre il verso delle scimmie) ridendo e nessuno si è fatto fisicamente male queste cose, a Monza, succedono. Questa volta in maniera palese e forse, vi dirò, è anche una delle meno dolorose. Perché a volte il razzismo si manifesta con silenzi, esclusioni, si concretizza con un banco vuoto, un dispetto, un soprannome o un nomignolo che segnerà la vita di mia figlia per sempre. E quando lei mi ha chiesto, con un candore che ancora ha negli occhi: "Mamma, ma cosa avrei dovuto fare? Quale è il limite entro cui mi devo arrabbiare?", io non ho saputo risponderle. Ditemelo voi, perché questi sono i vostri figli, quale è il limite? Così lo spiego alla mia. E se pensate che questo gruppetto di adolescenti in cui è incappata sia una eccezione vi sbagliate. Sappiamo anche in che scuola vanno (almeno uno di loro) ed è una prestigiosissima scuola del centro di Monza. Non vogliamo però che nessuna valanga di odio li devasti, perché conosciamo il potere del web e dei social e di una segnalazione come questa. E se procedessi per vie legali, con carabinieri o forze dell'ordine cosa accadrebbe? La sua parola contro la loro, o forse una tirata di orecchie e poi, magari, ritorsioni? Il razzismo è questo e non si può denunciare. Se non saremo noi a parlarne con i nostri figli e a fargli capire che questo limite non esiste, perché nulla del genere può ne deve essere giustificato o preso come una cosa alla leggera, cresceremo delle persone sbagliate: mia figlia sarà piena di rancore e di paure, i vostri figli pieni di disprezzo."
Sarah conclude la lunga lettera spiegando che le piacerebbe che, qualora i ragazzi si riconoscessero in questo episodio, scrivessero alla redazione per un incontro di pace e di comprensione reciproca. Perché Sarah crede ancora che migliorare le cose sia possibile.