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In Brianza le aziende che sfruttavano i cinesi per realizzare borse di lusso

I prodotti uscivano dagli opifici cinesi al prezzo di 20 euro. Poi passavano al subappaltatore che le vendeva a 30 euro agli appaltatori ufficiali. Alviero Martini pagava quelle stesse borse a 50 euro e le metteva in vendita nei negozi al prezzo di 350 euro

Sono 10 le denunce per caporalato a titolari di aziende di origine cinese. Ammende pari a oltre 152mila euro e sanzioni amministrative per un totale di 150mila euro. Per sei aziende è stata disposta la sospensione dell’attività. Passa anche per la provincia di Monza e Brianza la maxi indagine condotta dai carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro del comando dei carabinieri di Milano e che ha portato al  decreto di amministrazione giudiziaria per Alviero Martini.

L’azienda è stata ritenuta incapace di prevenire e arginare lo sfruttamento della manodopera, ma non è indagata. È quanto deciso dal tribunale di Milano sotto richiesta della procura. Secondo quanto emerso, la società in questione non avrebbe mai effettuato ispezioni sulla filiera produttiva per comprendere le condizioni dei lavoratori forniti dalle aziende appaltatrici. Anzi. L’accusa è quella di aver agevolato, per omesso controllo, quelle stesse appaltatrici.  “Nel corso delle indagini si è disvelata una prassi illecita così radicata e collaudata, da poter essere considerata inserita in una più ampia politica d’impresa diretta all’aumento del business - ha spiegato il pm -. Le condotte investigate non paiono frutto di iniziative estemporanee e isolate di singoli, ma di un’illecita politica d’impresa”.

Le attività di controllo condotte dal Nucleo ispettorato del lavoro del comando dei carabinieri di Milano sono iniziate nel 2015. Da quanto appreso da MilanoToday, Alviero Martini affida l’intera produzione di borse, cinture e scarpe a società terze che esternalizzano completamente il lavoro. Quello che è emerso, però, è che le stesse aziende appaltatrici non hanno le capacità produttive sufficienti e a loro volta spostano la produzione in sub-appalto non autorizzato a opifici cinesi tra Milano, Monza e Pavia che abbattono i costi attraverso la manovalanza irregolare, clandestina e in condizioni di sfruttamento. 

I prodotti uscivano dagli opifici cinesi al prezzo di 20 euro. Poi passavano al subappaltatore tra i cinesi e la società di appalto ufficiale a 30 euro. Alviero Martini pagava quelle stesse borse a 50 euro e le metteva in vendita nei negozi al prezzo di 350 euro circa. 

I carabinieri hanno controllato 8 opifici cinesi che sono risultati irregolari. Qui hanno identificato 197 lavoratori, di cui 37 in nero e clandestini. Inoltre, le condizioni di lavoro sono risultate pessime: paga sotto la soglia, orari di lavoro illegali, ambiente di lavoro malsano. Per non parlare delle omissioni in fatto di sicurezza sul lavoro, senza sorveglianza sanitaria, formazione o informazione. Negli opifici sono stati anche trovati dormitori abusive e in condizioni igienico-sanitarie pessime. Tra le altre cose, lo scorso maggio in una delle aziende di manodopera cinesi, a Trezzano sul Naviglio, un lavoratore in nero è morto schiacciato da un macchinario. Per camuffare il fatto che il dipendente non fosse in regola, l'azienda aveva inviato, subito dopo l’infortunio, il modello telematico di assunzione al centro per l’impiego, a Inps e Inail.

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