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Domenica, 28 Aprile 2024
Il racconto

"La vecchia chiesetta monzese dove c'erano i morti": il racconto della signora di Monza Ghi Meregalli

Prima del cimitero a Monza esisteva il "foppone", costruito per ospitare i morti di peste per volere dei conti Durini

Quella che oggi è nota in città come la chiesa degli ortodossi, in via Guarenti, alle spalle dello stadio Sada, un tempo era il vecchio cimitero della città.

A raccontare a MonzaToday la parola della piccola chiesetta è Ghi Meregalli, ideatrice della rievocazione in costume del giugno monzese e memoria storica della città: "Risale al 1930 la decisione di chiudere definitivamente il vecchio cimitero di Monza, nel luogo ove oggi ancora si trova la chiesa di San Gregorio - ha raccontato - In realtà, l’idea di mettere in piedi un nuovo camposanto risaliva a vent’anni prima, quando la città cominciava a fare i conti con gli spazi insufficienti in quel di via Guarenti, lì dove c’è un’ansa del Lambretto. E allora si era chiamato l’architetto Ulisse Stacchini, che in via Foscolo aveva realizzato un’opera che si connotava per la spiccata monumentalità (il futuro nuovo cimitero ndr.) e che ancora oggi vanta tra i monumenti sepolcrali realizzazioni di grandi artisti quali di Bazzaro, Cibau, Castiglioni, Pancera, e perfino il manufatto a Gerardo Caprotti del 1913, una delle rare opere realizzate da Antonio Sant'Elia. Cominciata all’interno del vecchio cimitero e trasferita solo in seguito alla sua chiusura".

"Era un luogo melanconico il vecchio cimitero di San Gregorio, sorto nel 1680 su di un antico cimitero per i morti della peste, chiamato volgarmente "foppone", grazie al generoso contributo di Carlo Francesco dei conti Durini - ha raccontato ancora Meregalli - Era sovrastato dall’omonima chiesa in stile barocchetto tutta portici e disseminato di croci e monumenti che nell’Ottava dei morti - al mattino e guardandolo dall’alto - era tutto un brillare di fiammelle rosse, bianche e azzurre. In mezzo ai fiori e alla rugiada".

A proposito dei conti Durini, ancora Meregalli ha raccontato come poca distanza dal cimitero, nel centro storico, sorgesse la loro dimora: "Dopo la distruzione del castello visconteo 1807 le sue pietre sono state riutilizzate per la costruzione del muro perimetrale del Parco, per volere di Eugenio di Beauharnais, mentre nel 1815, sui resti del castello la famiglia dei conti Durini, conosciuti come i “signori della Cascinazza”, già presenti con una meravigliosa dimora in via Cimabue, nel quartiere di San Giacomo, faceva costruire quella che oggi si chiama l'ex Villa Durini dall'architetto Carlo Amati. L'ex Villa Durini è poi diventata il corpo centrale del Palazzo Frette quando è stata acquistata nel 1860".

"Si udiva il lamento pietoso degli accattoni"

Un tempo lontano quello che caratterizzava le atmosfere del vecchio cimitero monzese, dove fede e superstizione spesso si fondevano, soprattutto nel giorno dei morti. "Ai margini della scalinata della chiesa si udiva il lamento pietoso della ridda di accattoni che invocavano pietosamente l’elemosina, quale atto di propiziazione “per i poveri morti” - ha spiegato ancora la signora di Monza - Il nome del santo al quale era stato dedicato richiamava a sua volta l’ancor più antico cimitero che si apriva a fianco del Duomo, coi portici bassi e il cortile in pietra dal quale si accedeva nel sotterraneo che accoglieva le salme nella basilica. Secondo l’usanza dovuta agli invasori barbari".

A Monza, quella dei morti, era una ricorrenza importantissima. Immancabile era per l’appunto la tradizionale visita al cimitero, con tanto di mazzo di fiori alla mano, l’assistenza alla santa messa e il pranzo a base di tempia di maiale con contorno o la zuppa di ceci. Seguita alla sera da castagne cotte in acqua profumate da erba aromatica (l’erba buna) e dai cosiddetti bulgiot o rape cotte. Non mancavano nemmeno i dolci, ovvero il noto Pan dei morti, e l'Oss di mort, la versione biscottata del primo arricchita con le mandorle. Guai, ovviamente, a trasgredire tali consuetudini: si diceva che chiunque lo facesse rischiava la visita notturna dei defunti che, per redarguirlo a proposito, gli avrebbero sicuramente tirato i piedi".

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